Omaggio alle mie figlie

rose

Siete state encomiabili.
Ieri avete dato il meglio di voi, in un’occasione che in genere i ragazzi della vostra età trovano spinosa e stucchevole: un funerale. Un funerale cristiano, voi che come me non credete in queste cose, voi che come me non concepite il culto della morte ma siete appassionate della vita.
Sono arrivata trafelata al seguito di due feretri – perché le nostre due zie hanno scelto di morire a distanza di poche ore una dall’altra, e insieme le abbiamo onorate e sepolte – e voi eravate lì, puntuali e impeccabili, in cima alla scalinata dell’Abbazia, a fiancheggiare come guardie del corpo o angeli custodi (sì, meglio angeli custodi) la zia superstite, novantacinque anni e poche ossa fragili per contenere un dolore che l’età non stempera. Non l’avete lasciata un attimo: era il vostro compito e non lo avete ceduto a nessun altro. E impeccabili, sì, in adidas, jeans, camicia bianca e golfino nero, ma perché il nero è il vostro colore ricorrente, non perché crediate in queste forme di lutto esteriore. In primo banco a vegliare su quella sofferenza contenuta, su quelle spalle da uccellino raccolte intorno a un cuore fatto solo di purezza, di fede, di forza d’animo, quella dei buoni e dei semplici e dei santi. A vegliare sul suo bisogno di raccoglimento e sui suoi gesti faticati, sui piccoli passi rischiosi con i quali si è accostata alla balaustra per la comunione e poi alla bara dell’amatissima sorella per l’ultimo bacio.
Poi, al suo fianco, altri passi, molto coraggiosi, quelli inarrestabili con i quali lei ha voluto seguire a piedi la cassa verso il cimitero di campagna, due chilometri abbondanti di viale tra i campi e sotto il sole, mentre tutti gli altri – tutti, anche vostro padre – ci seguivano sì, ma in macchina. E anche lì, al camposanto, ancora e sempre accanto a lei, a tenerle la mano, a controllare che le gambe la reggessero (e l’hanno retta, come l’ha retta il cuore), a difenderla dalle chiacchiere pelose degli altri, dal loro vischioso cordoglio che non ha saputo fare per lei neanche la milionesima parte della vostra dolcezza silenziosa, della vostra rispettosa assistenza.
L’avete custodita con amore e con gelosia, creandole intorno un’isola di silenzio in cui potesse dilatare – ma nei suoi modi riservati, da umile serva del suo Signore – un dolore privato cui nessuno può avere accesso.
Grazie per questo amore. Siete belle. Siete i miei miracoli, l’unico capolavoro della mia vita, il segno migliore che lascerò di me.
Vi amo quanto non si può dire: solo una madre lo sa.

9 thoughts on “Omaggio alle mie figlie

  1. brave ragazze, la zia giustamente penserà d’aver lasciato il mondo e la sorella in buone mani

    ehi, con due figlie così ti puoi permettere di diventare anche molto vecchia

  2. Elisa, ti ho letta e commentata a quel link, e invito TUTTI a fare altrettanto perché lo meriti davvero. Ragazzi, correte a leggere il racconto di Elokia, è una sorpresa!

    Cristina, nel we ti scrivo, ok? Oggi sono stata a zonzo tutto il giorno, e mi ci voleva.

    Yet: ho troppo da fare per diventare vecchia, ma seriamente ti voglio dire che farò l’impossibile per non pesare sulle mie figlie quando lo sarò davvero.

    Gopaneel: grazie dell’affetto. Ho ricevuto il tuo invito, ora che devo fare? Io clicco, eh: poi mi spiegherai.

  3. Che bello!!! anche le mie quattro figliole, a volte, mi sbalordiscono positivamente.

    Auguri per la laureanda.

  4. “Siete belle. Siete i miei miracoli, l’unico capolavoro della mia vita, il segno migliore che lascerò di me”.

    E chissà se fra breve darai alla luce altra bellezza, realizzerai altro capolavoro, lascerai altri segni di te :-).

    Un abbraccio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.


*