Io e Vivaldi

(immagine presa in prestito da http://www.magicoveneto.it/Padovano/Piazzola/Villa-1.htm

Dal piccolo borgo dove abito alla Villa Contarini di Piazzola sul Brenta c’è un unico rettilineo di pochi chilometri (roba di cinque minuti in macchina), lungo una strada che prende il nome di “Strada Contarina” perché ideata e voluta dagli storici proprietari della Villa, la quale – va detto – è la più vasta di tutte le altrettanto famose Ville Venete.
Ieri sera, dopo cena e in compagnia solo della mia voglia di qualcosa di bello e armonioso che mi risarcisse delle molte recenti tristitudini, ho preso la mia peugeottina da campagna e sono andata fin là, col mio prode biglietto nella borsa, per assistere a un concerto vivaldiano dei Solisti Veneti. Concerto all’aperto, nel cosiddetto Giardino dei Limoni che deve la denominazione alla presenza di orci di terracotta contenenti gli agrumi di cui sopra, seppure in numero a mio avviso piuttosto insufficiente a garantire tanta gloria, e anche a dirla tutta in condizioni di non soddisfacente rigoglio.
Rigogliosa, al contrario, era l’erba in cui i miei sandalini piatti affondavano morbidamente, procurandomi un piacevole e fresco vellichio vegetale cui presto si è aggiunta una componente un po’ meno gradita: quella di legioni di zanzare che ieri sera non hanno trattenuto la loro irresistibile gioia nel vedersi offrire un banchetto di sangue umano di quelle proporzioni: almeno duecentocinquanta soggetti, in gran parte di sesso femminile e perciò convenientemente e comodamente sbracciati e scollati, in una parola pronti per essere ripetutamente e diffusamente succhiellati su ogni centimetro quadrato di epidermide scoperta.
Il Maestro Claudio Scimone, padovano di nascita e over 70 per età, è un omino dal cranietto minuto orlato da grandi e tenere orecchie e confinante con due spallucce fragili; dalla vita in giù, cambia taglia, si allarga in fianchi sfiancati e si accorcia in gambette corte e un tantino arcuate. I suoi passi un po’ dondolanti e svagati sembrano quelli di un pensionato in pantofole, ossia quanto di meno ieratico si possa immaginare in un direttore d’orchestra bardato nel frac regolamentare (Nota di Colore:  un frac dai pantaloni del tutto privi di forma e dalla giacca approssimativamente spazzolata). Sempre il sorriso – un sorriso da vecchio zio simpatico che tenta di ridimensionare il pathos della musica – sulle labbra, e pochi gesti miti di mani sottili, che la suddetta musica vanno a cercare e a dominare lassù, nell’aria dove aleggia e dove aspetta di essere carpita per farsene dono a noi che la amiamo.
I Solisti, che a Piazzola sono di casa, erano anch’essi esenti da ogni atteggiamento divistico, anzi parevano una combriccola di goliardi a una festa di laurea: ridanciani, scherzosi, informali. L’unica donna combatteva la sua battaglia personale con la sua legione personale di zanzare, che le avevano puntato braccia e scollatura e non sembravano intimidite dalla vigoria con cui l’archetto del violino sferzava l’aria.
Gli spettatori: non ne conoscevo nessuno, eppure siamo tutti residenti in zona, ma ho apprezzato il fatto di aver condiviso quasi due ore con persone che tutte, evidentemente, fra la partita dell’Italia in tv e l’esibizione dei Solisti Veneti non avevano avuto dubbi sulla scelta.
La musica: come suo solito, Scimone ha usato mano leggera, e i suoi lo hanno seguito in un’interpretazione tutto sommato gradevole anche se priva di carattere e passionalità. E Vivaldi, invece, ne richiede: non può essere trattato come un musicante lezioso da salottini, adatto a un uditorio superficiale che si contenta di un sottofondo barocco mentre chiacchiera sgranocchiando biscottini. Insomma, avrei preferito più intensità, più fuoco, più foga: ho trovato buoni alcun brani ma un po’ troppo scialbi quasi tutti gli altri.
All’altezza i violini, un po’ afono il violoncello, micidiale invece il liuto, che sgangherava le corde con la mano pesante di un chitarrista rockettaro, ma transeat.
Il bello della serata, comunque, è stata la serata stessa, l’evasione in solitaria dopo un tempo incommensurabile che non mi concedevo una gratificazione del genere. La musica, l’ho ascoltata a occhi chiusi per evitare la minima distrazione e perché è l’unico modo in cui amo veramente ascoltarla. Il Largo dell’Inverno, quello sì, quello come sempre mi ha liquefatto il calcare che sento a volte di avere nelle vene, e nel buio degli occhi chiusi ho sentito ben chiaramente le mie ciglia inumidirsi, e anche qualcosa di più.
Alla fine, due bis: un Divertimento di Mozart e il notissimo Minuetto di Boccherini, per mandarci a casa e a letto con l’eco di questa delizia che è, soprattutto qui in Veneto, fra queste Ville e questi canali, la Musica Barocca.

8 thoughts on “Io e Vivaldi

  1. Sì’, ma perché non dici che se era per me, che ho lavato, stirato e cucinato tutto il giorno, la serata libera col cavolo che te la prendevi?

  2. Uffa, sempre tu… Dai, torna al tuo posto di sguattera, e ricordati che tu sei solo una Cenerentola, mentre io, mia cara, sono un’Artista. Pfui.

  3. Mannò, dai, per così poco? Lo sai che ho bisogno di te e tu di me. Pace? Pace, e buonanotte, che domani ci sono da lucidare tutti i rami della cucina, eh.

  4. Con la tua solita bravura ed estrema sensibilità, mi hai fatto condividere una bella serata…..

    e pensare che io , invece, guardavo la partita, credendo ancora nelle grandi imprese sportive degli italioti.

    Musica molto diversa da quella da te ascoltata ad occhi chiusi, nonostante le zanzare.

    Cordiali saluti.

  5. lo so, tra la partita dell’Italia e l’esibizione dei Solisti Veneti, non avrei fatto la stessa scelta (tanto i solisti tornano, no? mi sarei detto).. però nel giardino di amici, me sò beccato lo stesso le zanzare e un triste pareggio senza intensità e foga: la Nazionale come l’interpretazione di Vivaldi priva di carattere di Scimone?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.


*