2011: promossi e bocciati

Il mio 2011 di lettrice è stato caratterizzato da due fatti: il primo è che, per motivi tristissimi – sui quali sorvolo ché è meglio – contiene un buco di alcuni mesi durante i quali è già tanto se sono riuscita a leggere o rileggere il caro, vecchio e terapeutico Asimov; il secondo, che per quel che mi riguarda si è realizzato il sorpasso delle letture digitali su quelle tradizionali. Già nell’autunno del 2010 mi ero provvista di e-reader, spendendo i soldi più intelligenti degli ultimi cinque anni, e da allora la mia disponibilità di letture si è ingigantita, oltre a essere immensamente aumentata la comodità di leggere. Nota bene che in precedenza ero stata una tenace assertrice della superiorità della carta e dell’inchiostro, ma una rivelazione sulla via di Amazon mi ha illuminata, e la mia conversione è stata felice e convinta. Poi, dico, riconsiderare le proprie convinzioni e ammettere che poteva anche trattarsi di pregiudizi un po’ sclerotici è sempre cosa buona e salutare. Un po’ per volta ho accumulato un posseduto in e-book che mai mi sarei potuta permettere in carta rilegata, e me lo posso portar dietro dove mi pare: un’intera biblioteca in borsa, ma ci starebbe anche in tasca solo che le signore non usano le tasche perché si sformano, e poi non rinunciano mai a una bella borsa comoda e piena di cose che forse potrebbero servire e che poi invece non servono mai, ma ci si affeziona.
Ciò premesso, è di libri letti e di giudizi dati che intendevo parlare. E comincio col rammaricarmi che il 2011 sia stato un anno senza acuti, senza libri memorabili, ma purtuttavia con qualche titolo che si è meritato la lettura e ha strappato il mio esigente e personalissimo gradimento. Altri invece mi hanno disturbata o annoiata, e perciò non sfuggiranno alla mia censura. Però mi limiterò a pochi casi, anche perché non tengo nota di tutto ciò che leggo, e viceversa non ho più sufficiente memoria per ricordarlo ugualmente. I libri che elenco sono evidentemente quelli che nel bene o nel male si fanno ricordare da soli.
L’ultima sposa di Palmira (Giuseppe Lupo): ecco, questo è forse il migliore. Un libro originale e visionario, complessivamente non stucchevole, con uno scenario evocato con grande suggestione e certe atmosfere da realismo magico che mi hanno fatto subito pensare a Garcia Marquez e al suo Macondo. Libro ben scritto, immaginifico e onesto. 8/10
Non tutti i bastardi sono di Vienna (Andrea Molesini): questo manco l’ho continuato perché ho trovato contorte, penose e presuntuose le prime 50 pagine. Molesini mi sembra pieno di spocchia al punto da non riuscire a descrivere in modo realistico nemmeno un ambiente, quello veneto, che dovrebbe conoscere bene e che io, essendo veneta anzi veneziana come lui, gli contesto visceralmente. Libro insincero, costruito, scostante. 3/10
Il fasciocomunista (Antonio Pennacchi) nel complesso mi ha divertita, è un libro pieno di vita e di sapori, un libro gustoso come era stato Canale Mussolini del quale però non regge il confronto, un libro in cui Pennacchi dimostra la naturalezza e la personalità che deve possedere un vero scrittore. Agli antipodi di Molesini, per parlar chiaro. Gli perdono volentieri una certa lungaggine e qualche ripetizione, perché molte scene e tutti assolutamente tutti i dialoghi sono tecnicamente e emotivamente perfetti. Libro simpatico, sanguigno e credibile. 8/10
Settanta acrilico trenta lana (Viola Di Grado): mah, che dire. Le auguro di maturare e di dare un senso alla sua scrittura, uno spessore alle sue storie, perché talento ne ha, ma certo se continua così a scrivere un misto di trash e intellettuale con larghe dosi di compiacimento commerciale e di effetti speciali di bassa lega le si aprono due possibilità opposte: un gran successo di cassetta oppure la fine di una meteora. Libro che comincia benissimo ma presto scivola nell’eccesso gratuito. Disturbante. 4/10
Indignazione (Philip Roth): scritto bene, benissimo, da un maestro che sa perfettamente come gestire la tecnica senza ostentarla. E tuttavia un libro che mi ha sconcertata, forse perché ci riponevo troppe aspettative. Quello che mi è mancato del tutto è il feeling con lo stile e con la tematica, e me ne dispiace perché, ripeto, concordo con i suoi fans sul fatto che sia un autore eccellente. Ma io avverto una certa vanità, sia nel senso di una eccessiva considerazione di sé, sia in quello di una assenza di verità. Mi infastidisce (anzi mi indigna) un protagonista sbarbatello ventenne che definisce indignazione quello che altro non è che complesso di persecuzione e dedizione al culto di un microcosmo circoscritto alle infime dimensioni del proprio ombelico. Libro freddo e (ho la sensazione) contraddittorio. Però siccome di Roth non ho letto altro sospendo il giudizio e lo rimando prudentemente a settembre.
Il re pallido (David Foster Wallace, e chi sennò?): l’evento dell’anno almeno per chi, come me, venera questo immenso autore e ringrazia il Fato di poter leggere ancora qualcosa (e che cosa) di suo a tre anni dalla morte per suicidio. Non sarà mai un capolavoro come Infinite jest, ma solo per il semplice motivo che è rimasto incompiuto e avrebbe necessitato di qualche altro anno di lavoro per apparire nella forma organica che stava già tutta nella vulcanica mente del suo autore. Un libro difficile, complesso, eppure trasparente, che richiede solo la massima dedizione e umiltà perché ciò che dice risulti chiarissimo. DFW non si nascondeva dietro metafore, non era criptico, non era un venditore di fumo: diceva sempre le cose come stanno, poi però sta a chi lo legge accettare di arrendersi all’evidenza che lui le aveva capite e noi invece preferiamo mettere la testa sotto. Libro superiore, libro-summa, libro complicato ma illuminante, libro da leggere assolutamente per ultimo dopo essere passati per i suoi romanzi e saggi precedenti, e se possibile nell’ordine in cui sono usciti. Se non gli do il massimo dei voti è solo perché il materiale è stato riordinato e rielaborato – quanto arbitrariamente non lo sapremo mai – da altri. Ma alle premesse e alla memoria un 9/10 non glielo leva nessuno.

4 thoughts on “2011: promossi e bocciati

  1. Mi piace moltissimo il criterio che hai usato per parlare di questi libri, soprattutto la sincerità è una qualità alla quale non avevo mai pensato esplicitamente, ma – ora lo so – per me importantissima da sempre.
    E che bello che ci siamo ritrovate :*

  2. dfw dfw parliamo sempre e cmq di dfw, mi chiedo se non sarà il caso di trovare anche qualcun altro da venerare?
    ll fasciocomunista in effetti mi attrae, vediamo…
    grazie per i dettagli sulla lettura digitale, anch’io sto iniziando ad apprezzarla.

  3. @la donna camèl: il mondo è piccolo se si ha voglia di girare
    @Hombre: io a venerare qualcun altro ci starei anche, ma guardiamoci intorno…
    Grazie a entrambi per la visita, m’è ripresa la fregola dei blog e vediamo dove mi porta.

  4. indignazione non è certo il miglior libro di roth. nella mia personale classifica: pastorale americana, l’animale morente, patrimonio e everymen.

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