Esortata da La Donna Camèl, ripartecipo al Premio Gigi Reder con un pezzo stavolta garantito inedito.
Gli altri partecipanti:
– Lillina con Sembrava un gioco nel blog Ora e qui
– Hombre con Ho giocato a calcio nel blog La Linea d’Hombre
– Giodoc con Mi va di cantare We take care of our own nel blog La via per Shambhala
– La Donna Camèl con Poi nel blog Il diario intimo della Donna Camèl
– MaiMaturo con Fatale nel blog MaiMaturo
– Cielo con La banda degli Ifoughthelaw nel blog Il blog di Vasco Pausini
– Dario con Il disadorno arredo dell’amore nel blog Solo Testo
– Hombre con Eve of Destruction nel blog La fine del mondo
In fondo avevi ragione tu: non è poi così facile morire. Più facile farsi del male, molto male, come è successo a te.
Ma avevi ragione anche a dire che il volo di un airone insegna a volare. Oppure quello di un gabbiano. Oppure quello di un semplice aquilone, più effimero di qualunque uccello. Hai volato anche tu come loro, ma solo nelle tue poesie. Le scrivevi di notte, o all’alba, e le trovavi anche nella nebbia della brughiera.
E avevi ragione a cercare dentro di te perché questo è il compito che ci hanno dato, a tutti, ma che molti scansano perché fa paura. E non capiscono che anche la paura è un’emozione, di quelle che danno senso a questa strana cosa che è la vita.
Credevi che io non ti capissi? Che non capissi il paradosso di essere troppo giovane e perciò troppo infelice? Si chiama vulnerabilità, e l’ho conosciuta benissimo anche io. L’ho avuta, la tua età. Lo so che è la più difficile, la più incomprensibile. Per molti, essere giovani è un peso insostenibile perché ti costringe a confrontarti con un mistero troppo grande. Lo rivesti di emozioni, ma è per difenderti dalla paura del vuoto.
Non vergognarti della tua inquietudine, della tua confusione, dei tuoi scatti d’ira: tu non puoi ancora sapere da dove nascano, ma chi ci è passato li riconosce e si ricorda che fanno parte di un doloroso e inevitabile imprinting.
Non sforzarti di giustificare i tuoi silenzi, è quel bisogno di isolarsi che accompagna il cammino aspro della maturità. Ma tuttavia smettila di credere che crescere sia una malattia incurabile di cui sei affetto solo tu. La cura c’è, è per tutti, ed è il Tempo.
Arrenditi a questo. Guarda me. Sono qui. Ho avuto la tua età, ci ho annaspato, ho cercato gli aironi e le brughiere e la chiave di dispiaceri così sottili da non sapergli dare un nome, ma facevano male ugualmente.
Ora sono altre le cose che mi emozionano, e quando uscirai da questo ospedale sarai pronto anche tu per conoscere emozioni nuove. Capirai che tornare a vivere è più emozionante che morire. Che imparare a camminare la seconda volta è più emozionante della prima. Che far germogliare una rosa è più emozionante che piantarla, e io l’ho annaffiata per te finché è fiorita, ed è rossa.
E che, figlio mio, la mia emozione più grande, quella che ha dato finalmente il senso alla mia vita, non è stata tanto il metterti al mondo quanto farti crescere, affiancarti nelle gioie e nei turbamenti, lasciarti libero di scegliere il tuo bene e il tuo male, e poi ieri scoprirti vivo fra le lamiere di quell’auto che filava a fari spenti nella notte e oggi essere qui a parlarti, a farti ascoltare ininterrottamente questa vecchia canzone, mentre aspetto che i tuoi occhi si aprano di nuovo alla tua vita che è tutta da continuare.
Che è meglio! direbbe il puffo quattrocchi dentro di me.
Mi è piacuto tanto, hai fatto bene e sono contenta di vedere che ti sei sgranchita le zampette. Alla via così.
Sì, e col vento in poppa! Grazie della spinta, sciura :*
Melusina, mi hai commosso.
Un bellissimo post: grazie mille per averlo scritto.
Lo ripeto: non sono degno di sedere alla vostra mensa.
Tu sei un mago e anche un angelo: ma esisti per davvero??
No 😉
Grazie per l’emozione che mi hai regalato
Grazie a te. Del resto, se non ci emozioniamo fra noi…
Avevo (ho) in mente di scrivere un post sulle “danze”. Si tratta di quei momenti di condivisione unica tra un figlio ed un genitore, con l’altro che, se c’è, rimane sullo sfondo. Questo che hai descritto viverlo non vorrei, ovvio, ma mi ci sono ritrovato. Leggero è stato un piacere.
Fallo assolutamente, potrebbe anzi essere un filone anche per altri. Io aspetto a piè fermo. E grazie.
lascia i brividi addosso.
Altre parole non ne trovo.
E’ un onore e un piacere leggerti
Uau Cielo, non mi sentivo così fiera di me dal giorno in cui ho preso 30 all’esame di Anatomia (e ti parlo del 1971, dopo Cristo a scanso di equivoci). Grassie grassie!
Ho visto molto di quello che di te conosco e immagino, difficile tenere il passo su questi temi e tu credo ci sia riuscita più che bene