Sei giorni e cinque notti

In questi giorni sono in vacanza, e infatti sto scrivendo da una località di villeggiatura segreta ed esclusiva: casa mia.
Casa mia è l’albergo più comodo e tranquillo che conosca (dei pochi in cui sono stata, vabbè), perché dentro ci sono tutte le mie cose, quelle che quando parto (le poche volte che parto, vabbè) non posso mettere in valigia. E poi è tranquillo perché io sono l’unica ospite, non so se mi spiego.
In vacanza uno cosa fa? Fa quel che gli pare, e io è appunto questo che sto facendo. Mi alzo quando mi pare (intorno alle 5 di mattina), vado a letto idem (verso mezzanotte, diciamo), faccio la doccia all’ora che mi pare senza dover badare a non disturbare qualcuno, mangio quel che mi pare e quando e soprattutto se mi pare. Tipo che da domenica non ho più acceso un solo fornello, ho riempito il frigo di iogurt all’albicocca e tanti saluti. Sono in vacanza: non cucino, non apparecchio, non lavo piatti, non aziono lavatrici né folletti né moci o ferri da stiro.
E siccome sono in vacanza e in fondo mangiare e dormire occupano solo frazioni modeste della mia giornata, per il resto del tempo mi dedico senza rimorsi alle cose che piacciono a me. Che si sa che più di tutto mi piace occuparmi di libri, e nella fattispecie in biblioteca. Quindi, full immersion, orario pieno e anche qualche bella botta di straordinari, tanto sono volontaria e non mi pagano neanche l’orario normale. Però con questo stato d’animo vacanziero, rilassato, svaccato di cui godo in questi giorni, sto dando il meglio di me, proprio perché la libertà di non essere attesa da nessuno a casa è qualcosa di impagabile. È questo che mi fa sentire in vacanza: per pochi giorni ho solo me stessa cui pensare, e pare poco?

C’è un unico inconveniente, in tutto questo, e non è la solitudine (ma quando mai?). È che ho sempre la dannata paura di chiudermi fuori di casa. Quando esco devo controllare più volte (diciamo un numero irragionevole di volte) di avere con me le chiavi, perché se resto chiusa fuori, certo, potrei suonare alla vicina, chiederle di telefonare, ma a chi? Sono tutti in giro per il mondo, e in ogni caso non ricordo i numeri dei loro cellulari. Perciò l’unico aiuto che potrebbe darmi la vicina è permettermi di telefonare a un fabbro che venga a scassinarmi la porta.
Sempre che non sia in ferie anche lui, probabilmente a Sharm.

16 thoughts on “Sei giorni e cinque notti

  1. cavolo, ma una chiave nascosta da qualche parte fuori casa o da un parente… sai quante volte io mi son salvato con la chiave sotto lo zerbino (beh non è proprio lì)?
    ciao beata coi libri, stammi bene!

  2. Vacanza, vacua fatica o tempo da svuotare, tempo secondario o indipendente, capacità di produrre lavoro o energia a sè, vacanziere domande.

  3. Pingback: e l’ultimo chiuda la porta « alcuni aneddoti dal mio futuro

  4. Bella vacanza, sì, e vale proprio perché è una volta ogni tanto, credo.

    (Io la questione delle chiavi l’ho risolta una volta per tutte: le tengo legate alla borsa con una fettuccia, e siccome senza borsa (zainetto) non esco mai, ecco fatto.)

    • Ma io non mi porto dietro la borsa anche per portare in strada la spazzatura o mettere fuori le ciotole con la pappa dei gatti. Sono quelli i momenti critici: un attimo di distrazione e tac, resto fuori di casa, senza chiavi né cellulare né (argh!) sigarette.

  5. la solitudine, quando è scelta interiore, è una cosa bellissima: stare in compagnia di qualcuno che ha ancora tanto da dirti, se lo vuoi ascoltare …

    • Sì, ha ragione: per stare bene da soli bisogna saper andare d’accordo con se stessi. Ultimamente ci sto riuscendo, ma ho avuto anche lunghissimi periodi in cui con me stessa facevo a botte ogni momento. Ora sembra che ci siamo date una calmata tutte e due :-)

  6. E dare le chiavi alla vicina?! Io le sogno le tue vacanze, ma con una pupattola di 5 anni ne ho da aspettare del tempo. Quattro giorni sono stata sola e mi hanno vista stesa sul divano col mal di schiena….

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