Gloria mundi

“Eminenza, mi ha fatto chiamare?”
Il cardinal Bottazzi, ben contenuto nella poltroncina di velluto cremisi dietro l’ampia scrivania, giocherella con un sigaro e accoglie sogghignando il giovane segretario.
“Vieni vieni, don Venceslao, ti volevo giusto parlare”.
Don Venceslao è un bellissimo prete, giovane, atletico, impeccabile, con un’espressione maschia eppure spirituale sul volto ottimamente rasato. Dalla sua famiglia, gli Ubaldini di Sant’Ubaldo, sono usciti nei secoli prelati, diplomatici, pianisti. Da quella del cardinal Bottazzi, funzionari del catasto e produttori di celebri insaccati. Solidità economica, buone conoscenze, corporature poderose e facilità a rapporti conviviali calorosi e ben unti.
“Allora, ci siamo, domani si va a Roma – introduce il cardinale, inserendo una nota di golosa aspettativa. Il sigaro rotola fra le dita grassocce, in attesa del momento più azzeccato per essere tranciato e religiosamente acceso.
“È tutto pronto, Eminenza – lo rassicura il segretario in tono neutro e professionale. Gli sembrerebbe fuori luogo condividere palesemente la gioiosa impazienza che il suo superiore, invece, non cerca nemmeno di nascondere.
“Con i discorsi a che punto sei?”
“Li ho qui, se li vuole vedere – e Venceslao posa sulla scrivania una distinta cartellina di Bristol color crema.
“Mi fido, mi fido, li leggerò domani in aereo. E cosa ci hai messo dentro?”
“Di tutto, Eminenza, come mi ha detto lei”.
“La pace nel mondo? La giustizia, la solidarietà, i diritti umani? L’infanzia abbandonata? Il terzo mondo, il terrorismo, la perdita dei valori?”
“Tutto, Eminenza, tutto. Tutto quello che può servire per discorsi, dichiarazioni, interviste. A seconda del bisogno e del contesto, basterà mettere insieme i punti più opportuni”.
“E ci penserai tu, vero? Sei bravissimo in queste cose. Da quanto tempo è che sei il mio segretario?”
“Saranno cinque anni a settembre, Eminenza. Bontà vostra”.
“Il miglior segretario che abbia mai avuto – decreta il cardinale, con grassa soddisfazione. E avverte che è arrivato il momento di gustarsi quel profumatissimo sigaro.
“Ti dispiace, Venceslao? – l’Eminenza porge il sigaro e osserva pregustando il gesto esperto con cui l’impareggiabile segretario lo libera dall’involucro e lo decapita con precisione chirurgica.
“Tu non fumi, vero? – gli chiede con amichevole complicità.
“Occasionalmente qualche sigaretta, se devo essere sincero – risponde Venceslao badando a non tradire l’imbarazzo che quella ammissione sempre gli procura. Il fatto è che una sigaretta è l’unica tentazione cui si permette di cedere ogni tanto, quando lo stress del suo difficile ministero sale oltre i livelli di guardia. In quei momenti, sente urgente il bisogno di uscire dal suo studio – moderno, cablato, tecnologico, un ufficio attrezzatissimo e alienante – e correre fuori, nel giardino interno del Palazzo, per respirare l’aria di tutti e annusare gli odori delle piante e della vita normale. Spesso c’è un giardiniere che ramazza foglie dai vialetti, e se si tratta del vecchio Procopio si siedono vicini su un muretto e fumano insieme una sigaretta liberatoria, scambiando poche frasi che non tengono conto della differenza di rango fra loro, e nemmeno di età.
Il gran cardinale tira la prima boccata con gli occhi socchiusi dal piacere e si assesta meglio sullo schienale della poltrona. Poi, con un sorriso vagamente canagliesco, si rivolge di nuovo al giovane:
“Me lo voglio proprio godere, perché, sai, questo potrebbe essere l’ultimo”.
“Ha deciso di smettere, Eminenza? – si informa premuroso Venceslao.
“No, no, cosa dici, (piccola pausa strategica), è che se mi fanno Papa non potrò più farlo – e quasi ammicca – Perché, tu non pensi che io abbia buone probabilità? – chiede con aria innocente.
Venceslao si è irrigidito: “Non saprei, Eminenza. Queste sono cose che riguardano lo Spirito Santo, noi possiamo solo pregare”.
“Giusto, giusto, preghiamo, pregheremo. Lei mi raccomando preghi molto. E se tutto va bene, se da questo Conclave esco Papa, per lei ci sarà molto presto il cardinalato. Se lo merita!”

In giardino è sceso l’imbrunire e le foglie sul vialetto sono fradice di umidità. Il vecchio Procopio le sta raccogliendo con la scopa e le deposita sulla carriola. Si siedono accanto sulla panca di pietra vicino alla statua della Madonna, estraggono ciascuno dalla tasca il proprio pacchetto di sigarette e accendono da un unico cerino..
“Dice che diventerà Papa – sospira Venceslao pensieroso, guardando lontano.
“Reverendo, con tutto il rispetto quello lì l’è matto – sentenzia francamente il saggio Procopio.
Venceslao pensa agli enormi armadi di rovere che custodiscono il ricco guardaroba cardinalizio: le mantelline rosse, gli zucchetti, i piviali ricamati, le cotte con altissimi pizzi. Quella mattina ha passato tutto in rassegna per allestire i bagagli, e si è dilungato a sfiorare la nobiltà dei tessuti e la regalità del porpora. Il cardinale sogna invece di vestire tutto di bianco, e in quel caso che ne sarà di tutti quei costosi paramenti firmati? Venceslao chiude gli occhi e si immagina allo specchio, vestito di rosso, maestoso, ammantato di potere. Si vede un po’ più vecchio, appesantito, col viso arrotondato e roseo come quello di un neonato pasciuto, con gioielli d’oro da far luccicare alla folla, con le mani grassocce e molli da porgere al bacio di ambasciatori e potenti.
Poi in un altro specchio rivede se stesso ragazzo, seminarista in vacanza nella tenuta di famiglia, intento a studiare su antichi volumi nella biblioteca del padre, sordo ai richiami delle cugine che lo vorrebbero sul campo di tennis. E ancora la pieve del trecento dove canta la sua prima messa, e dove più avanti celebra il matrimonio di suo fratello e le esequie di sua madre. Castità, povertà, obbedienza. Domine non sum dignus.
Si scuote, cancella tutto, quello che prova è una specie di brivido ma non è febbre; casomai consapevolezza.
“Forse dovrei andare a confessarmi – annuncia a Procopio, spegnendo la sigaretta. Si affretta verso la cappella, sorridendo al pensiero che in Vaticano probabilmente è vietato fumare.

*   *   *

Stavolta l’eds è dedicato al rosso e al peccato. Ecco gli altri peccatori:
Dario con Lisa Borletti
Dario con Turi Pappalardo
Dario con Lucevan li occhi suoi più che la stella
Gordon Comstock con Il peccato più grande
Fulvia con Biancaneve
Hombre con Present continuous
Gabriele con Cave cave Deus videt
Angela con Pensiero stupendo
Angela con Pensiero stupendo 2 – Rosso Jungla
Angela con Pensiero stupendo 3 – Come i Simpson
Pendolante con La confessione
Gabriele con Pesci bianchi, pesci rossi 
Pendolante con Generazioni 
Michela con Apple
Cielo con Il pantone. Altro che rosso
Lillina con Iago
Hombre con I primi nove venerdì del mese
Calikanto con Tabarin 
La Donna Camèl con La casa rossa
Leuconoe con Sogno di un pomeriggio di mezz’autunno
Marco con Il treno rivelatore
Kermit con Aspettando Geova
Singlemama con La Messa della domenica

28 thoughts on “Gloria mundi

        • C’è tempo fino al 21 gennaio, ma La Donna Camèl non è mai troppo fiscale. Un tuo contributo potrebbe essere prezioso, io personalmente vorrei poterci contare. E poi alla fine pubblichiamo tutto, lo sapevi?

          • Della pubblicazione non lo sapevo, così mi viene l’ansia da prestazione però.

            Ma, domanda: c’è un limite alla lunghezza del racconto?
            Non che voglia scrivere “Infinite Jest pt.II”, ma se mi lancio poi…

            • Le regole (non ferree) sono qua. L’anno scorso abbiamo pubblicato la prima raccolta di eds, incentrata sul tema dei Sensi: trovi la pubblicità nella colonna di sinistra del mio blog. E per carità, nessuna ansia: non si vince, non si perde, non si guadagna niente. Però si impara qualcosa da tutti.

              • Per la lunghezza non ci sono regole precise: regolati in modo da non rischiare di annoiare i lettori, confronta la lunghezza di eds precedenti… io stessa in genere scrivo cose lunghette.

  1. Pingback: Cave Cave Deus Videt | L'inverno del nostro scontento.

  2. Pingback: La confessione | Pendolante

  3. Pingback: Pesci bianchi, pesci rossi | L'inverno del nostro scontento.

  4. Pingback: Generazioni | Pendolante

  5. Questo racconto è magnifico, perfetto come te, visto che ho letto anche tutti gli altri posso dire che è quello che preferisco?
    E poi che te lo diciamo a fare che tu sei una maestra nello scrivere? Baci

  6. I tuoi racconti mi piacciono un sacco. Non c’è protagonista odioso o situazione imbarazzante che ti impedisca di tirare fuori un racconto sempre ben calibrato e scorrevole. Brava!

  7. Pingback: Tabarin | Tratto d'unione

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