L’amore ai tempi dei nonni

Mio nonno Anselmo era una bella sagoma. Rosso di capelli, rosso in faccia, rosso il fazzoletto che portava sempre al collo. Rossa e ardente la sua fede comunista, che lo spingeva spesso a manifestazioni esuberanti non solo verbali.
La nonna Beppina, cattolica strettamente praticante, non era però da meno quanto a carattere, e quando diceva NO era NO. E quella sera il NO era assoluto e scandalizzato davanti alla richiesta, peraltro legittima, del suo sposo.
“Mo’ cosa ti salta in mente, proprio oggi che siamo stati a un funerale? – trasecola, interrompendo un attimo il suo rituale riordino dei vestiti prima di coricarsi. In camicia, lunga fino alle caviglie, le maniche con lo sbuffo tirate sui polsi, i bottoni ben chiusi fino al mento, le calze di cotone grosso ancora addosso; le avrebbe tolte solo una volta spenta la luce e recitato le preghiere, mezz’oretta di preghiere che Anselmo sopporta con paziente abitudine.
Il funerale – di quelli in grande, con la fanfara, i cavalli neri coi pennacchi, il gonfalone e la messa solenne – era quello del Venanzi, decrepito maestro elementare di più generazioni. Un sant’uomo, per quanto scorbutico, e a volte – si diceva – intemperante quanto a punizioni fisiche sui suoi scolari.
“Adesso mo’ cosa c’entra il Venanzi, aveva duecento anni e non era mica uno di famiglia! – protesta il nonno, che, ricordiamocelo, all’epoca avrà avuto sì e no un quarantacinque anni ed era uomo di grande vigore e sanissimi appetiti.
“E allora? Merita rispetto. Te non lo sai che è peccato fare certe cose il giorno di un funerale?”
“Certe cose, certe cose… fare all’amore col proprio marito non è mica certe cose, non è mica peccato, non è mica scritto sul catechismo!”
Alt, il catechismo. Su questo terreno minato, la nonna non accetta provocazioni. In piedi, con le mani bellicosamente sui fianchi, accanto al comò con le foto di famiglia e il Sacro Cuore di Gesù, sbotta con veemenza:
“Cosa parli di catechismo te che sei comunista? Dovresti vergognarti, dovresti!”
Il nonno su questo si scalda:
“Sarò anche comunista ma sono un buon cristiano. Ti ho sposata in chiesa, ho fatto battezzare i nostri figli, non bestemmio, non mi ubriaco,  a Natale e Pasqua vengo a messa, all’arciprete ci ho pure riparato il tetto della canonica a gratis, cos’altro devo fare, eh? Mo’ dimmelo te che sai tutto, sai! – e giù a dare pugni sulle lenzuola, a agitare le braccia verso il soffitto.
La Beppina mica molla, eh no.
“Sì, un buon cristiano… senti un po’, da quanto è che non ti confessi? – attacca.
“Mi sono confessato per il matrimonio. Mi sono messo in regola quella volta là, e da allora ho sempre rigato dritto. Peccati nuovi non ne ho da confessare, io. C’ho mica tempo per fare peccato, io, tutto il giorno a lavorare nei campi per mantenere la famiglia!”
Su questo ha ragione, la Beppina lo sa. Diciotto anni di matrimonio, la miseria in tempo di guerra, quattro figli da crescere, e lui, l’Anselmo, sempre a spaccarsi la schiena per loro, per lei, che la portava in palmo di mano.
Ma stasera ha un genio maligno che la pizzica sotto pelle, una voglia di litigare che non se la ricordava da anni, da quando erano giovani e lui la faceva arrabbiare perché le entrava in cucina con gli stivali della stalla.
“E i pensieracci, li hai confessati anche quelli?”
È un colpo basso, tirare in ballo le tentazioni della carne. Ma la Beppina ben conosce il temperamento sanguigno degli uomini del paese, e non resiste a giocarsi quest’ultima carta.
L’Anselmo reagisce strano, quasi perdendo il fiato. La sua voce è più sommessa, ora, e piena di dolore:
“Beppina, cosa dici. Io a te ti voglio bene, non ti ho mai mancato di rispetto, non ti ho mai tradito. Questa cosa qua te la potevi proprio risparmiare… – è improvvisamente smontato, la collera è passata in delusione, la frecciata lo coglie innocente, indifeso, incompreso. È lui a sentirsi tradito, in questa strana scaramuccia che sta prendendo una piega squallida.
“Beh, non dico tradito, ma non venirmi neanche a dire che le belle tose non le guardi quando passano, eh – cerca di rimediare la Beppina, con una voce scontrosa. E, malauguratamente, aggiunge:
“La Gisa, tanto per dire…”
All’Anselmo gli si riaccende in un attimo tutto il fuoco:
“Ah no, la Gisa no, non la devi neanche nominare la Gisa! La Gisa era una brava ragazza”.
E la Beppina, che si è già pentita, si morde le labbra e si scusa:
“Hai ragione, non dovevo, m’è scappata…”
Ma ormai la frittata è fatta. L’Anselmo la chiude lì:
“Basta, mi hai fatto passare la voglia – e si gira sul fianco tirandosi le lenzuola fin sulle spalle e lasciando la moglie contrita e imbarazzata a cercare con lo sguardo un po’ di indulgenza nell’immagine dell’Assunta sopra il letto. Ma l’Assunta la rimanda al Sacro Cuore di Gesù sopra il comò, e quello la rimbalza alla foto in cornice del loro matrimonio, con quel vestito goffo e accollato che somiglia tanto alla camiciona da notte di oggi. Forse è quella la risposta.
“Oltretutto – riprende l’Anselmo guardando il muro – secondo me sul catechismo c’è scritta un’altra cosa. C’è scritto “saranno una carne sola”. E allora sai cosa ti dico: che sei te a fare peccato. Bon, buonanotte”.
La Beppina non sa cosa fare. Quello che vede del marito è la nuca sopra il colletto liso del pigiama, quella striscia di pelle scottata dal sole e quei primi capelli grigi fra i ricci rossi che le fanno tanta tenerezza.
Le vien da pensare alle creature, i miei zii e zie fra i quattro e i quindici anni che dormono nello stanzone di fianco, due per letto, uno da testa e uno da piedi. All’Anselmo quando era sui monti con i partigiani e ogni tanto scendeva giù a notte fonda rischiando la vita solo per salutarla e spiare i bambini addormentati.
Smorza la luce e si infila a letto attenta a non smuovere troppo le lenzuola. A occhi chiusi, nel buio pieno di lucine che pulsano al ritmo del suo sangue, prova a dire un Pateravegloria più sentito del solito, si fa tre volte il segno della croce, bacia il rosario, lo mette sul comodino.
“Peccato per peccato… – pensa.
E la sua mano, leggera come quella di una timida sposa, cerca la spalla del marito.

Nove mesi dopo è nata mia madre, ed è stata lei a raccontarmi questa storia quando sono diventata grandicella e ho cominciato a farle certe domande su come nascono i bambini. Lei dice di aver sentito tutto dall’ovetto dove stava, in attesa di due genitori che la venissero a prendere. E io, adesso che sono incinta, non credo che se lo sia solo immaginato.

*   *   *

Stavolta l’eds è dedicato al rosso e al peccato. Ecco gli altri peccatori:
Dario con Lisa Borletti
Dario con Turi Pappalardo
Dario con Lucevan li occhi suoi più che la stella
Gordon Comstock con Il peccato più grande
Fulvia con Biancaneve
Hombre con Present continuous
Gabriele con Cave cave Deus videt
Angela con Pensiero stupendo
Angela con Pensiero stupendo 2 – Rosso Jungla
Angela con Pensiero stupendo 3 – Come i Simpson
Pendolante con La confessione
Gabriele con Pesci bianchi, pesci rossi 
Pendolante con Generazioni 
Michela con Apple
Cielo con Il pantone. Altro che rosso
Lillina con Iago
Hombre con I primi nove venerdì del mese
Calikanto con Tabarin 
La Donna Camèl con La casa rossa
Leuconoe con Sogno di un pomeriggio di mezz’autunno
Marco con Il treno rivelatore
Kermit con Aspettando Geova
Singlemama con La Messa della domenica

21 thoughts on “L’amore ai tempi dei nonni

  1. Ah, che bello l’amore ai tempi dei nonni. E che splendido racconto, Melusina, è raccontato benissimo.
    Ora si vuole il prequel, il sequel e anche tutta la storia dell’Anselmo e della Beppina.

  2. Pingback: Cave Cave Deus Videt | L'inverno del nostro scontento.

  3. beh questo è un capolavoro, mi è piaciuto da morire tutto tutto, pensa che quando leggo mi copio le frasi che mi piacciono di più per poi poterle incollare nel commento
    Con te ho continuato a copiare e incollare
    una per tutte: Ma l’Assunta la rimanda al Sacro Cuore di Gesù sopra il comò, e quello la rimbalza alla foto in cornice del loro matrimonio, con quel vestito goffo e accollato che somiglia tanto alla camiciona da notte di oggi
    Per me è perfetto bacioni

    • Lo ammetto, scrivendo della nuca dell’Anselmo pensavo a te. La “tua”, di nuca, mi aveva colpito: è una parte del corpo con un suo linguaggio, a volte non lo cogliamo ma ce l’ha. Prendi questa citazione come un omaggio :)

  4. Pingback: La confessione | Pendolante

  5. È la seconda volta in questi anniche leggendo un post mi vengono i lacrimoni di commozione.
    Considera che la prima era per un fatto vero.
    Come questo del resto 😉
    Precisamente qui: Nove mesi dopo è nata mia madre.
    (non ti vantare troppo però, ché io sono di lacrima facile, specie con le gravidanze di mezzo)

  6. Pingback: Generazioni | Pendolante

  7. Il sequel a questo punto…Sei una vere scrittrice. Mi piacciono queste atmosfere d’altri tempi, neanche tanto lontani, che ancora ricordo.

  8. Pingback: Pesci bianchi, pesci rossi | L'inverno del nostro scontento.

  9. Pingback: Tabarin | Tratto d'unione

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