Mi colgo viva

Stasera ho voglia di scrivere, ma non perché qualcuno legga. Di scrivere e basta. Di cogliermi nell’atto in cui vivo, per dirla con Luca Massaro che spesso mi illumina.
Di dire a me stessa che sì, il caldo, l’afa, le zanzare, lo sfascio dell’economia, i disoccupati e i precari (ne ho in famiglia), i pensionati in crisi di identità (ne ho anche di questi, ma non sono io), gli acciacchi e le frustrazioni (di questi e quelle, a volontà), le ansie e le depressioni (velo pietoso), il colesterolo che rappresenta paradossalmente una quota patologicamente e congenitamente significativa dei miei poco più di 40 chili di peso, la routine domestica che mi ha sprofondata nel rigetto più assoluto di ogni operazione di cucina, l’imminenza di appuntamenti di carattere sanitario che mi coinvolgono non direttamente ma comunque come se, le incertezze del futuro per tutti e per chi amo in particolare, la sensazione oggettiva dell’accorciarsi del tempo a disposizione e del direttamente proporzionale accumulo di rimpianti, e insomma che malgrado tutto questo e magari altro che ora può sfuggirmi perché ci sarebbe anche da menzionare lo spettro della progressiva smemoratezza che mi insidia sempre più da vicino, ecco malgrado ciò ci sono momenti nelle mie giornate in cui mi colpisce improvviso, in mezzo al marasma, un raggio di assoluta certezza interiore, quella di essere al centro di un fugace ma riconoscibilissimo attimo di felicità. Di quelli che esplodono in silenzio dentro il petto come un fiore di fuoco nel cielo estivo notturno, ma senza audio. Nel breve tempo che le faville ci mettono a ricadere leggere sbiadendo, prima che la realtà torni ad appiattirsi intorno alle solite cose terrene, raggiungo la profonda coscienza del privilegio di essere io. Donna comunque sia, madre per sempre, bibliotecaria innamorata, e aggiungiamoci lo stupore – ancora adesso – lo stupore felice di sentirmi nascere dentro una frase, un’immagine, una storia come questa, e di riuscire a scriverla.