Olografo

Morisot

Un po’ mesta per il terzo decesso in famiglia nel giro di un mese (ma l’età media sfiorava i 90 anni, quindi era più che fisiologica), decisamente stressata per il corollario di incombenze tristi e/o pesanti (gimcane fra ospedali e case di riposo prima, imprese mortuarie e cimiteri dopo) e francamente preoccupata per il colossale lavoro di sgombero e spartizione degli effetti rimasti – nel bene e nel male – in eredità, ma tuttavia nel pieno delle mie facoltà mentali e prima ancora nella consapevolezza di godere, compatibilmente con l’età, un’ottima salute fisica e una imperterrita intenzione di continuare a vivere e ad agire ancora per parecchio (e quando dico parecchio intendo parecchio), sto pensando che sia comunque opportuno, per ridurre al minimo le seccature a chi mi sopravvivrà, stabilire fin d’ora i pochi punti essenziali che riguarderanno, a suo tempo, il dopo-me.
Premesso che, se anche sulla carta, per la legge sulla comunione dei beni sono proprietaria di metà degli averi di famiglia, io in realtà non mi sono mai sentita proprietaria di alcunché ma solo utente a tempo definito, immagino che almeno su alcune di queste proprietà mi venga riconosciuto un diritto diciamo così morale; esse sono principalmente gli effetti personali, i libri e il computer.
Poco o nulla di valore venale.
Io farei così, e lo dico a voi, carissime figlie mie: per i vestiti e gli accessori, dato che non sono né di vostro gusto né della vostra taglia (io un tisico 38, voi un sano 40), c’è la Caritas, con quei bei cassonettoni gialli ben visibili. Per quelle due collanine d’oro della laurea e di qualche compleanno, per le poche pietre dure da bancarella, per gli orecchini etnici che non porto mai, vedete voi, spartiteveli senza litigare o scambiateli con qualcosa che vi piaccia di più presso qualche orafo di paese, ma non fateci troppo conto.
Per i libri, tanti, tantissimi, che ho comprato (e che è più che probabile che continuerò a comprare fino all’ultimo) tutti io, dato che solo io ne leggo in casa (ma vi perdono, eh, non preoccupatevi), voglio donarli in blocco a una biblioteca, una ben precisa che vi indicherò a parte, dove mi piace pensare che il mio spirito passerà di quando in quando a sfogliarne qualche pagina.
Le mie cassette di musica anni ’70, via direttamente nel bidone dei rifiuti secchi; idem i pochi cd di musica classica, che voi non ascolterete mai, a meno che non riusciate a donarli a qualcuno, perché non illudetevi che ci sia un mercato conveniente per questi oggetti.
Ho una quantità anche di riviste di cucina e di ricamo, nonché di filati, uncinetti, schemi di punto croce e attrezzature per lavori creativi femminili che la mia vista non è più in grado di eseguire. Trovate un centro sociale, un laboratorio per la terza età, una scuola di cucito presso qualche parrocchia e disfatevi a cuor leggero di tutti quei miei sogni infranti. Le ricette di cucina tenetele per voi: molti piatti che adesso vi preparo so che vi piacciono molto, e potreste volerli preparare a vostra volta per i vostri compagni e i vostri figli, se mai vi deciderete a mettere su famiglia (ma fidatevi di me: non c’è fretta).
Cosa resta? Il computer. Ma è la cosa più facile di tutte: il computer, per favore, lo formattate di brutto, che non ci resti dentro neanche un mini-mini-minibit di nulla, nemmeno la più risibile traccia di me e di quello che ne ho fatto in questi anni. Niente di ciò che ho scritto e affidato al computer deve sopravvivermi, perché non ha questo gran valore adesso, e figuriamoci quando non ci sarò più. Quindi forza e coraggio, senza tanti scrupoli FORMATTATE TUTTO.
Ultima cosa: formattate anche me. Sapete bene come, è deciso da anni: una bella, igienica e praticissima cremazione, e non se ne parli più. Non voglio messe da morto, né tombe né fiori. Voglio solo fare in fretta e non disturbare. Non credo nell’aldilà, quindi non andrò da nessuna parte e non me ne importa: mi importa invece fare quello che devo fare e farlo al meglio mentre sono e sarò aldiqua, e cioè, come ho detto sopra, ancora per parecchio ma parecchio ma parecchio tempo.
Contateci come credo abbiate sempre potuto contarci: è una promessa olografa.