Insignificanze

Klee_cat(sarebbe un buon titolo)

L’obiettivo, non ci piove, è raggiungere una buona essenzialità. Fin qui siamo tutti d’accordo. L’essenzialità fa bene perché chiarisce, semplifica, riassume e quindi non stanca. Niente stress. Lo stress è uno spreco.
Tuttavia il primo passo, cioè distinguere l’essenziale, non è poi così semplice come alcuni mi vengono a dire. L’essenziale non si crea e non è automatico. L’essenziale si deduce, si filtra, si scava da una miniera di materiali variamente amorfi o disordinatamente polimorfi, di quelli che ci riempiono cassetti e ripostigli, nascosti agli ospiti, accantonati per noia o rimorso, disamati per smemoratezza.
L’essenziale è il prodotto finale di un processo di disamina e selezione che ricomincia ogni giorno e richiede una tenacia quasi ottusa, insensibile al sospetto che l’impresa sia futile, oltreché spesso faticosa., a volte perfino dolorosa, o quantomeno molesta. Ma ogni tanto anche esaltante o addirittura esilarante, se porta a riscoprire nel guazzabuglio qualche motivo – rimosso – di stupore. È quello che si prova nel ritrovare in soffitta un regalo di qualche Natale, poco giocato e presto oscurato, e lo si riporta alla luce per rifarci amicizia.
Scrivere è il modo più efficace per rovistarsi dentro e tentare l’inventario. L’obiettivo – l’essenziale – sarà quel mucchietto lucente che separeremo dagli scarti, ma solo a patto di aver rigirato bene il calderone e smosso tutte le pietre del fondo, per riguardare e riguardarci, per riconoscere, rinominare, spesso riamare, dopo molti dubbi e pena e rammarico, perché di ciò che è stato non sapremmo cosa buttare. Siamo fatti, ammettiamolo, di avanzi, di cocci, di bucce, di esuberi, di specchi deformanti, di teoremi non provati e sogni non omologati. Un bagaglio che cresce ogni momento di peso e valore.
Va a finire che si tiene, si tiene, si tiene tutto.

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