Priorità

Escher

Ok, lo ammetto: non so aspettare. C’è chi al contrario non sa agire. E io detesto l’inerzia, la titubanza, la pigrizia mentale; mi sanno di codardia, deresponsabilizzazione, egoismo più che tutto. Gente che dice “Andate avanti voi, che arrivo; arrivo quando avete finito, quando è tutto bello fatto, pronto e comodo. Non mi va di sudare, capirete”.
Ci sarà pure un girone, una bolgia infernale, per i pavidi e gli inetti. A occhio, sarebbe giusto che fosse la porta accanto a quello degli iperattivi/ansiosi/insonni. È lì che finirò, a furia di correre.
E non mi vengano a dire (a deridere) che il mio moto perpetuo è chiaro indice di insicurezza. Certo che lo è. E c’è un reparto, laggiù, anche per gli insicuri, sissignori; esattamente di fianco a quello dei millantatori. Stesso piano, stesso corridoio, stessa temperatura. Tutti nello stesso brodo.
Oh sì, oh già: gran bella compagnia. Tale e quale a quella in cui mi dibatto in vita. Avrò un’eternità per continuare a farlo dopo.

ps: mi sono appena ricordata una cosa, una cosa seria, un lutto. Un lutto importante, dico. Dieci anni fa, oggi. L’ho scoperto guardando la data sul computer. Si potrebbe pensare che la tetraggine di stamattina dipenda da quel ricordo, tra i più oppressivi che ho. Ma non è così. Quell’evento, l’ho rimosso completamente. È solo una data che torna a tormentarmi quando mi trova vulnerabile per altre circostanze. Quindi vedi, tu che sei morta dieci anni fa, non devi angustiarti per me, nel tuo girone dei tiranni: non è colpa tua, non mi hai fatto del male, oggi, non me ne fai più dopo di allora, non sono più raggiungibile. È finita, è finita.