Diari da Magdenbad, cap.7

Manet_spiaggia

Da dietro le siepi del “Prinzess Sofia” si udiva il battere di martelli e lo stridere di seghe. Lilia si è fatta riconoscere, e il caposquadra si è affrettato al cancello per farci entrare scappellandosi e inchinandosi come un maldestro maggiordomo. Ci è stato permesso di visitare il parco a nostro piacimento, ed è stato un gran bel e quieto passeggiare, fra quei vialetti e quelle fontane spente e i pergolati spogli e i boschetti di forsitzie, le prime a fiorire, in giallo splendore. Alcuni operai stavano ristrutturando le scuderie; nell’aria si distinguevano profumo di sottobosco e odor di segatura e vernici, molto stimolanti. Abbiamo individuato un gazebo in pietra arredato con panche dalle zampe leonine, dove il sole, fra le magnolie, gettava una larga cascata di luce e un tepore inaspettato, tanto che mi sono liberata dei guanti e ho abbassato la tesa del mio cappellino di velluto per ripararmi gli occhi dal riflesso. Di sghembo si vedeva il portico d’ingresso, vasto, arioso e momentaneamente deserto laddove è facile immaginare, in estate, affollarsi tavolini da tè e poltroncine di vimini per gli ospiti. L’albergo è assai spazioso, su quattro piani con balconate adorne di aste per bandiere e bassorilievi mitologici, con un numero incalcolabile di finestre, abbaini, comignoli; in piena stagione, vi si svolge una intensa vita mondana punteggiata da banchetti, concerti, ricevimenti danzanti, spettacoli serali, tutta un’animazione di villeggianti ricchi e abituati a essere serviti e assecondati senza risparmio. Li ho visti, con gli occhi della mente, signori altezzosi con sigari e lucide scarpe, e dame in sfoggio ininterrotto di tenute da giorno, da sera, da passeggio, da riposo, i loro bei cappelli, le gioie sfavillanti al collo e ai polsi, gli occhialini sui nasi arcigni, le risate signorili all’alzare di coppe e calici, le cappelliere e le sacche di camoscio portate di qua e di là da domestici trafelati, a volte storditi dall’incomprensibilità di qualche capriccio, lo spreco di vasellame a stemmi per ogni minima ordinazione, i violini notturni alla luce di decine di torce attorno alla vasca adorna di marmorei tritoni.
Queste fantasticherie – una sequenza di immagini troppo rapide, troppo affollate, troppo abbaglianti – mi hanno procurato un lieve capogiro, e le ho scacciate da me, per ritrovare visioni più riposanti: i bianchi muri, le grondaie lucenti, le aiole dissodate, i sentieri arcuati, il deserto di passi e rumori, il solo frusciare della natura con gli uccelli che esplorano sereni i tenui rami della nuova vegetazione. E’ chiaro che è per questo che sono venuta qui: per allontanarmi dagli eccessi stancanti di città, dai suoi obblighi mondani ai quali partecipo già così raramente e solo per dovere, assecondata da un Dimitri sulle spine e tuttavia devoto nello scortarmi anche a costo di sprecare nella noia dei convenevoli certe serate che preferirebbe trascorrere giocando a scacchi con me, o dipingendo. E’ così restio a vedere gente! Eppure ha alcuni amici, tutti secondo me persone piuttosto eccezionali, fuori dalla norma, interessantissime; li frequenta quasi di sfuggita, accettando incontri in qualche caffè ai quali si reca con occhi febbrili come per l’ ingiustificata fretta di concludere una pratica che lo mette in agitazione. Per porlo a suo agio, talvolta ne invito qualcuno a casa, e mi prodigo affinché l’atmosfera del mio salotto sia la più propizia possibile, occupandomi personalmente di servire pasticcini e bevande e incoraggiando la conversazione; poi mi allontano per non essere di imbarazzo, e in quelle circostanze mi è capitata a volte la soddisfazione di sentir richiudere il portone dietro l’ospite a un’ora molto tarda. Si tratta perlopiù di artisti come lui, pittori o letterati, e come lui di animo libero, del tutto estraneo alla futilità e alla presunzione. Dopo queste visite, sul tavolino resta un maschile disordine di libri aperti, fogli di taccuino con schizzi a penna, mozziconi di sigari e, ahimè, bottiglie – svuotate – di ottimi distillati esteri.

One thought on “Diari da Magdenbad, cap.7

  1. Beh, devo dire che questa penna che tempo addietro si è messa a scrivere da sola, scrive bene e scrive cose interessanti…

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