Vorrei

Quando ho aperto questo blog, l’intenzione era di pubblicare le cose che scrivo. Racconti, pensieri, a volte poesie, frammenti di varia scrittura. Perché per me la scrittura è la più importante passione, e avvicinarmi alla letteratura il più penato obbiettivo. Ma capitano periodi così, periodi di eclisse, in cui la testa non si lascia coinvolgere dalle sensazioni che stanno alla base dell’ispirazione. Capitano periodi in cui è come se le porte e le finestre fossero sbarrate dall’interno, e questo interno fosse una scatola vuota e buia dove non si muove niente, e niente nasce.
So per lunga esperienza che non è il caso di disperarsi, perché ogni eclisse prima o poi passa e si rischiara, e questa non è la prima né l’ultima. Ma mi guardo intorno con una certa desolazione, e faccio il mesto inventario dei lavori in corso che vorrei invece vedere in corsa: ho trascurato i Diari da Magdenbad che pure mi divertivo tanto a inventare giorno per giorno, ho interrotto anche la pubblicazione de Il secchio bucato, che in fondo è già scritto, già pronto, e basterebbe un clic. Soprattutto, da settimane non procede il romanzo, quello che ho covato per quasi due anni e che ero riuscita a portare alla stretta finale: mi manca l’ultima volata, mi manca l’epilogo, mi mancano le parole e la fiducia per chiuderlo.
In periodi così, tornano buone altre parole, che ho scritto tempo fa, durante un’eclisse come questa. Basterebbe che mi ricordassi che anche allora ne sono uscita, e dopo ho scritto tanto, ho scritto perfino cose buone, di cui essere soddisfatta io stessa. Basterebbe avere pazienza e fiducia, e anche (forse soprattutto) trovare quel po’ di egoismo necessario per liberarmi dai problemi altrui e dedicare almeno una piccola ma seria parte del mio tempo e delle mie energie mentali alla mia passione per la scrittura. In fondo, c’è chi ha vizi peggiori.

VORREI…

sedia…scrivere qualcosa, qualsiasi cosa, naturalmente che non sia di te, che non sia di me, che non sia di noi e di quelli che sono stati come noi; di quelli invece che magari fanno un bel viaggio, incontrano i cammelli nel deserto, nuotano accanto ai delfini nei mari grandi, visitano pagode e catacombe e trovano gli odori del Tempo, oppure quelli che prendono il treno l’auto il pullman ogni mattina e fiatano i loro sogni sui vetri sporchi e aspettano di arrivare perché prima non sono ancora svegli del tutto, e quelli che vedono le forme delle nuvole e subito ci scrivono canzoni che poi tutti le cantano, e quelli che gli basta un film alla tele e vanno a letto contenti come se avessero vinto loro, e poi si addormentano subito e lo risognano e lo cambiano in meglio, quegli altri che parlano ai bambini ai malati ai vecchi e agli animali e se ne vanno con le tasche piene di piccole gioie, che mangiano un sacco di cose dolci e sono felici, che corrono in autostrada per sentire che buon rumore fa la loro auto nuova, che prendono in braccio i loro figli piccoli e li fanno volare di perfetta beatitudine, gli preparano sorprese per natale mentre dormono ma ogni tanto non resistono e gli vien voglia di socchiudere la porta per vedere se sono davvero addormentati, che non li scoprano, che ci credano ai regali, alle storie, alle giornate speciali, ai fruscii di carta argentata, al profumo di pino nelle strade, ai cristalli di neve sui vetri, prima di spegnere la luce e lasciare che li incornici la luna.
Qualsiasi cosa, vorrei scrivere.
Meglio: una cosa qualsiasi.
L’ho sempre fatto; tornerò a farlo, ecco.
È così che farò, quando lo farò.
A questo no, non rinuncio.
Vedrai.

9 thoughts on “Vorrei

  1. io credo che chi scriva davvero sia condannato a scrivere sempre, in special modo quando non scrive..

  2. Certo che tornerai a scrivere, te lo scrive uno che scrive e non scrive, variabile come il cielo primaverile.

    Accadono eclissi di ispirazione, e accade che pur avendo idee non si riesca momentaneamente a tradurle in parole. E’ normale: anche Dante, cosa ha scritto ultimamente di notevole? Nulla ;-).

    C’entrano pure, come ipotizzi tu, gli altri impegni che premono perché non vogliono essere trascurati e riducono conseguentemente il tempo disponibile.

    La sabbia della clessidra sommerge il calamaio e la penna. Ma saprai soffiarla via, ne sono sicurissimo.

    Prenditi, semplicemente, una breve pausa. Annota i pensieri in un bloc notes e riservati di elaborarli in futuro. Tanto, i pensieri non hanno scadenza, mica son fatti di latte.

  3. Virginia Woolf – Dio l’abbia in gloria – sosteneva che a una donna che voglia scrivere servono prima di tutto due cose: una stanza comoda tutta per sé e una rendita personale. Il che escluderebbe le casalinghe, a occhio e croce.

  4. Alla domanda “cosa serve per scrivere? Talento, costanza, determinazione?”, rispose: “Tempo libero”. Ma noi non ci buttiamo giù.

  5. Virginia aveva tutto questo, ma non le è bastato lo stesso.

    Scrivi sugli scontrini, sul retro delle ricevute della tintoria, sulle liste della spesa (hem), sul margine bianco delle riviste, lascia la scia Buccia…

    Prima o poi troverai il sentierino, Pollicina.

  6. che bello, qualcuno che scrive e che ha il coraggio di dirlo: che scrivere è egoistico, si esce dal circuito di attenzione agli altri per concentrarsi in un mondo dove la nostra interpretazione è tutto.

    e non è solo questione di ispirazione -ma di tempo, pazienza e ancora tempo, e tranquillità.

    le parole le hai già tutte dentro, anche le idee.

    e anche i lettori, a quanto pare

    :-)

  7. AMICA MIA CARA, fai un viaggio e vedrai come ti verrà l’ispirazione di scrivere.

    A proposito, ti dono la mia recente esperienza:

    Una settimana tuffati nel medioevo.

    Abbiamo preso l’aereo per raggiungere la Galizia e poi abbiamo percorso ben 12 ore di corriera, nel cuore della notte, per portarci sull’itinerario del cammino di Santiago, allorche’ abbiamo calzato gli scarponi e indossati i pesanti zaini , ci siamo subito resi conto che avremmo dovuto affidarci alla fortuna e alla protezione del Santo per percorrere, da subito, i primi 25 chilometri di aspro sentiero. Nel secondo giorno avremmo percorso piu’ di 30. E così di seguito.

    E’ bastato il primo saluto di un gruppo di tedeschi che ci sorpassava a farci intendere che non eravamo soli su quelle alte colline ricoperte di foreste di giganti eucalipti. “ Buen camino ” e’ il saluto augurale che abbiamo inteso centinaia di volte. Dalla coppia di avvocati di Vicenza , partiti l’8 agosto e giunti alla meta solo un mese dopo, abbandonando studio e figli per festeggiare in maniera originale il 25° di matrimonio, percorrendo a piedi ben 870 chilometri. Da Roncisvalle a Santiago.

    Lo stesso augurio l’abbiamo inteso da un uomo senza gambe che ci sorpassava con un triciclo particolare azionato a mano. Lo stesso saluto lo abbiamo sentito da australiani, spagnoli, croati, inglesi, brasiliani, belgi , austriaci e da tanti italiani. Abbiamo dialogato con tutti costoro pur non sapendo la loro lingua. Abbiamo dormito negli ostelli in una promiscuità totale, dove neanche piu’ il sesso era elemento di distinzione o divisione. Abbiamo preso la pioggia insieme, bevuto alla medesima fonte, ci siamo alimentati nella stessa trattoria, abbiamo fatto anche il bucato insieme. Insomma, eravamo veramente accomunati fisicamente e spiritualmente nella stessa impresa alla quale non tutti davano lo stesso significato o valenza.

    Chi lo faceva per motivi religiosi, chi per sport, chi per sfida, chi per turismo, chi per l’ecologia ma tutti avevano in mente l’identica meta: Santiago, il santuario. Io stesso davo una motivazione al cammino che l’amico Giovanni non dava. Diversi nel concepire il senso del cammino, uniti nel percorrerlo nell’unita’ piu’ completa.

    Chi ne dava il significato religioso , si muniva di un sasso da mettere nello zaino e lasciarlo solo a Santiago. Il peso era diverso relativamente alla gravita’ dei propri peccati.

    Il cammino di Santiago è una esperienza di fuga dalla modernita’ , e’ una esperienza di fede autentica dove la fatica e la meta si accomunano nell’elemento espiatorio. Sudore e preghiera nel percorso del pellegrinaggio medioevale. Si ripiomba nel passato, non solo per le ristrettezze e la precarietà che il cammino comporta ma anche per il tipo di percorso che si svolge fra fattorie e case disadorne, antiche e tanto povere. Nel cammino tutto ridiventa sobrio e l’acqua l’elemento piu’ prezioso.

    Il Cammino di Santiago è un’entità che ti guida. Pur camminando e avendo i piedi costantemente a terra ti senti in volo sopra paesaggi sempre diversi perché ogni giorno diverso dall’altro. Ti senti in volo e attraversi tutta una nazione in volo, e quando arriva il vento e ti senti trasparente allora ti lasci attraversare e ti lasci riempire di vita dimenticando tutto quello che c’è intorno a te. Stranamente arrivi a pensare che la Spagna sia un’enorme salita che dai Pirenei continua a salire fino ad arrivare a Santiago, ma sono salite fuori e dentro di te, è un viaggio alla scoperta del mondo che hai dentro.

    Una delle parole più adatte al Cammino è condivisione, della strada che percorri perché sai che migliaia di pellegrini prima di te hanno fatto quella stessa strada e molti altri la percorreranno ancora. Condivisione di vita con fratelli che incontri in viaggio, perché a volte la parola amico è riduttivo per i rapporti che si creano sul Cammino, anzi che il Cammino crea. Chi può mai dimenticare Antiua, Esperanza, Alesando, Michael, Marielene, Paul, Pablo, Giorgio, Marco e tanti , tanti altri conosciuti lungo la via ? Condivisione dell’ultimo pezzo di cioccolata, di una maglia, di un sapone, di mille parole incise in eterno nel cuore, di panorami che pochi occhi e cuori sanno apprezzare. Condivisione di cerotti per i piedi e per le anime. Condivisione di un sorriso che rallegra lo spirito e ti dà conforto per la strada che ancora manca da percorrere. Perché a farti andare avanti spesso non è soltanto la meta, Santiago, che senti più vicina e lontana allo stesso tempo. I miei piedi hanno calpestato rocce che non saprò mai descrivere, i miei occhi hanno visto sentieri unici, ma non è solo questo che ti conduce a Santiago, c’è molto di più, il vento che si muove tra gli alberi, la foschia delle prime luci.

    A volte perdi il senso del Cammino, i momenti di crisi,…

  8. Mah, sapete, come dico sempre non è tanto un problema di quantità di tempo, ma della sua qualità. Il tempo migliore per scrivere, per me, è la mattina, a mente aperta. Ma sono proprio le ore in cui altre attività, per nulla intellettuali, richiedono tutta la mia presenza e le mie energie.

    Un viaggio sì, mi farebbe bene, come suggerisce Anchise. Un viaggio è un toccasana, per scrivere. A patto di lasciare a casa i pensieri di tutti i giorni e liberarsi da ogni responsabilità. E’ per questo che viaggio così poco. Viaggio solo con la mente: un libro è un viaggio.

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