Quelle scale

(estratto)

dipinto di J. Sargent“Tre dozzine di uova e un’oca la più bella che avete! – ordino con voce squillante – L’oca me la mandate a casa spiumata e pulita, le uova invece me le porto via subito”.
Il pollaiolo, che si atteggia a corteggiatore di tutte le donne, me le conta nel cesto con l’abilità di un giocoliere, mi fa un ironico inchino e mentre mi allontano si affretta a segnare la spesa sul conto dei Sanudo.
La mia veste nuova, ancorché dimessa, mi sta addosso benissimo: lo avverto dalla grazia con cui la sottana ondeggia poco sopra le caviglie, e se non abbasso gli occhi per ricordarne la tinta insignificante posso immaginare sia di broccato color pavone. Attraverso il mercato in un’aria smagliante come capita certe mattine qua a Venezia, quando dal cielo piove uno sfavillio da fiaba; cammino con spedita allegria, afferro ogni cosa con la vista e l’olfatto, col tatto accarezzo qualche ortaggio lucente, col palato me ne bèo approfittando di qualche assaggio offerto da venditori galanti. Mi sento viva e piena di salute.
Certo che quel bell’Alfonsino, almeno mi avesse mandato due righe. Fossi stata in lui, ne avrei scritte, di lettere, a quest’ora.
Per esempio, avrei scritto questa:

Mia adorata Sandrina,
eccomi ad Amsterdam, dopo un lungo e svagato giro per mezza Europa con mio padre, il quale teneva a che, prima di partire per le Americhe, vedessi tutte le più grandi bellezze dei posti che sto per lasciare. Non hai idea, Sandrina mia. Ho visto di tutto. Monti e laghi e castelli e borghi, giardini di re e regine e boschi profumati, cattedrali alte fino al cielo dove monaci cantano inni antichissimi, piazze e rondò dove i popolani tengono mercati di merci favolose e le carrozze circolano tirate dai più bei cavalli. Ho assaggiato cibi sconosciuti e imparato lingue straniere. Ho visto albe nitidissime in capanne d’alta montagna e tramonti languidi sulle rive di fiumi che tagliano laboriose pianure.
Ma so per certo che il nuovo mondo che mi aspetta non mi farà rimpiangere il vecchio che lascio, e delle sue meraviglie ti racconterò ogni cosa per filo e per segno quando sarò lì. Il giorno della partenza è ormai vicinissimo: è fissata per domattina presto, e la nave che ci condurrà è ormeggiata in porto già carica di provviste e bagagli. Il capitano è stato a cena con noi poco fa, nella nostra confortevole locanda, e da lui ho appreso molti particolari sulla navigazione, che sono impaziente di verificare quando finalmente inizierà.
La nave è grande e solida, e credo che sarà uno spettacolo assistere allo spiegamento delle sue molte e vaste vele quando isseremo le ancore. Ma ne vorrò una ancora più grande e più bella, con più vele e molte bandiere, con ponti lucidi e sedili di velluto, con ogni comodità e ornamento per te, quando tornerò, più presto di quel che tu non creda, a Venezia a prenderti per farti mia sposa. Sarà la nave di una regina quella che allestirò per il nostro viaggio.
Ora giurami che mi aspetterai, e io ti giuro che riguarderò la mia salute e schiverò ogni pericolo perché tu non debba mai temere per me o attendermi invano.
Affiderò questa lettera al padrone della locanda, confidando che la inoltri subito e che possa attraversare tutta l’Europa veloce e sicura per raggiungerti, insieme ai miei baci, prima che tu ti spazientisca.
Il tuo per sempre
N.H. Alfonsino da Molina
Amsterdam, 5 marzo 1759

E più avanti, ma non molto, avrei scritto – mettiamo – quest’altra:

Mia bellissima,
non è trascorso nemmeno un anno e già i miei progetti si sono compiuti. Sono diventato molto ricco, enormemente ricco, e ora sono pronto a depositare nelle tue mani i miei tesori, il mio futuro. Questo paese, tu sapessi Sandrina, è un paradiso terrestre. La sabbia dei fiumi – fiumi maestosi – è oro finissimo, che ti resta sulla pelle quando risali dopo una nuotata; se scavi il terriccio anche solo con le dita, ne estrai pietre preziose; sterminate piantagioni danno frutti gonfi di succo, e qualunque varietà di seme attecchisce e germoglia in tempi e dimensioni prodigiose. Dormo in un letto a baldacchino, faccio colazione su un terrazzo grande come un salone; possiedo cavalli, cani, pavoni e tortore; i piccoli indios mi allietano suonando il flauto e la celesta con perizia sorprendente; nei miei possedimenti do lavoro a centinaia di contadini, mandriani, operai, e nulla faccio loro mancare in compenso alla loro devota alacrità. Qui il sole splende sempre, l’inverno non esiste, non è stato nemmeno concepito per questa terra di delizia. Ogni giorno nuovo oro si aggiunge ai miei forzieri, così che in tutta la regione il mio nome e la mia famiglia sono guardati con sommo rispetto, con la reverenza che si deve a dei sovrani.
Se mi ami ancora come io amo te, tutto questo è tuo: il tempo di ordinare la nave e io sarò da te, per mantenere la promessa che mi ha portato tanta fortuna. Ti verrò a prendere e ti porterò a vivere in questo paradiso come una regina accanto al suo re..
Ma se tu per caso preferissi rimanere a Venezia, se il viaggio e la distanza ti turbassero, se temessi di soffrire qualche nostalgia oltre mare, sarò il tuo servo e consentirò con tutto il cuore a raggiungerti per non più ripartire. Considera solo quanto ti ho detto: qui è l’estate perenne, qui dormiresti ogni notte con i balconi spalancati sulle stelle e non soffriresti mai e poi mai il freddo e i geloni.
Tuo innamorato per la vita
N.H. Alfonsino da Molina
Puerto Argenteiro, 9 gennaio 1760

È vero, sì, che Alfonsino ancora non mi ha scritto, ma uno di questi giorni scriverà.

2 thoughts on “Quelle scale

  1. ma che bella scrittura, e con quale grazia ti muovi nel XVIII sec geografico, commerciale, sentimentale – che dire, sei sempre (più) brava. Camillo.

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