I due Arlecchini

Da un quadro una storia:
Pablo Picasso – Il figlio Paulo vestito da Arlecchino, 1924

“Bravo, così. E adesso cerca di stare fermo, che papà ti fa il ritratto”.
Il papà è un grande pittore, e Manuel un bambino molto obbediente. Sa bene cosa vuol dire posare per un ritratto: vuol dire che il papà lo ha considerato così importante da metterlo in uno dei suoi quadri. Vuol anche dire sforzarsi di stare fermo e zitto per un po’, mentre il papà lavora e assume quell’espressione così assorta che sembra rivolta più a un oggetto che a un bambino. Manuel sa che in quei momenti il papà comunica con lui, ma non con gli occhi o con la voce, bensì con il pensiero. Quando lo ritrae, il papà ritrae in realtà non ciò che vede ma ciò che c’è dentro di lui.

Ieri è stato il suo compleanno. La mamma gli ha regalato quel costume da Arlecchino, il papà dei giocattoli di legno fatti con le sue mani. Hanno giocato insieme nella sua cameretta e si sono divertiti un sacco, anche se la mamma sembrava un po’ troppo commossa per un semplice compleanno.
A pranzo sono venuti degli amici: altri pittori, o scrittori, il dottore, uno o due avvocati. La mamma si era messa un vestito sgargiante e dei gioielli molto pesanti; era bellissima, però Manuel capiva che non era felice, che si stava sforzando. Infatti dopo mangiato si è scusata ed è andata in camera sua. Il papà e il dottore, in corridoio, bisbigliavano: “Poverina, pensa sempre al piccolo Miguel”.
Questo piccolo Miguel, raramente nominato e sempre sottovoce, deve essere qualcuno che ha fatto del male alla mamma. Qualcuno di cui si cerca di non parlare in presenza di Manuel, per non fargli venire delle curiosità difficili da sciogliere. Questo, Manuel lo ha capito, Manuel che è un bambino molto obbediente e molto, molto dolce, e che non chiede mai nulla che possa mettere in imbarazzo i grandi.

“Sei stanco di stare così? Vuoi sederti un pochino?”
Manuel fa segno di no con la testa. Non è scomodo, non è stanco. Gli fa piacere essere solo con il papà, occupati a realizzare un’opera d’arte insieme.

Ieri pomeriggio sono arrivati anche gli amichetti, e ci sono stati dolci e bibite e nuovi giochi. La mamma, dopo aver riposato, si è affacciata dal balcone di sopra per guardarli, e stavolta sorrideva. Debolmente, quasi assente, ma sorrideva.

Manuel è solo un po’ appoggiato di sghembo alla sedia; volendo potrebbe sedersi meglio, ma qualcosa glielo impedisce. Gli capita ogni tanto. Qualche volta vorrebbe sedersi a poppa nella barca del papà, o sulla vecchia altalena in fondo al giardino, ma qualcosa lo trattiene. Ci sono momenti in cui si sente intruso, come se il posto fosse già occupato. Anche adesso, Manuel avverte che c’è già qualcun altro seduto su quella sedia. Le loro spalle si toccano, sono appoggiati uno all’altro, e l’altro ha il suo stesso odore, il suo stesso tepore. Lo ha sentito spesso anche di notte, nel suo letto.
Lui sa chi è: è il piccolo Miguel, di cui nessuno gli vuole parlare.

“Vuoi vedere? Dimmi se ti somiglia – lo invita il papà. Ora che ha finito, la sua espressione è tornata quella dei giochi, della complicità. Il grande pittore ha lasciato il posto al papà affettuoso e giocherellone.
Manuel si guarda nel ritratto. Sì, gli somiglia, ma non è lui.
È Miguel. Il piccolo Miguel.
E Manuel lo sa già, che il papà non cancellerà quel segno leggero, il tratto di una gamba trasparente come quella di un fantasma.
Il ritratto è finito così.
Manuel e Miguel, il giorno del loro compleanno.

8 thoughts on “I due Arlecchini

  1. Mi hai commossa… mi hai portato con leggerezza e delicatezza dentro un dolore che ne il tempo ne i momenti felici riescono a cancellare.

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