Diari da Magdenbad, cap. 9

Manet_spiaggia

È passato a presentarsi e a offrire i suoi servigi il dottor Berg.
Di lui sapevo solo che è stato allievo del professor Leittner, il quale lo considera brillante medico e persona squisita, e gli ha affidato il compito di sorvegliare dal punto di vista clinico l’andamento del nostro soggiorno. Ora so anche che si chiama Stefan, che è un uomo giovane e piuttosto bello, che sa vestire e muoversi con impeccabile buon gusto e che ama la musica.
La nostra conversazione è stata molto informale, e poco ha toccato il tema della salute, se non per consentirgli di assicurarsi che al momento né Dimitri né io accusiamo disturbi degni di qualche interesse; a questo proposito, ha ribadito in tono molto cordiale la sua fiducia negli effetti benefici del clima marino, che anche secondo lui – che a Magdenbad è nato – è particolarmente indicato per ricaricare di energie le persone infiacchite da una vita troppo sedentaria. Mi ha raccomandato di passeggiare ogni giorno all’aria aperta e di adottare un certo ritmo respiratorio, ampio e profondo (me ne ha dato un esempio chiarissimo), per ottenere la migliore ossigenazione di tutto l’organismo, o così mi pare di aver capito. A dire il vero, da quando sono qui mi sento già meglio, avverto una specie di leggerezza non solo nella mente ma anche nelle membra, come se l’aria schietta di questo vasto cielo sgombro mi stesse pian piano disintossicando di qualche veleno assunto inconsapevolmente in città. E anche Dimitri non ha molto di che lamentarsi: pur senza affanno, si tiene in movimento, mosso da continue curiosità, e a quel che vedo le sue articolazioni se ne giovano almeno quanto il suo umore. Appena entrato in possesso degli stivali nuovi, ha voluto provarli sulla spiaggia, e poi anche su alcuni scogli bassi dove abitano i gabbiani: gli artigiani del bosco hanno fatto un ottimo lavoro, poiché ho verificato (da lontano, impedita dalle mie calzature troppo leggere) che le suole hanno una buona presa anche sulle rocce scoscese, e non ha corso alcun pericolo. Alla prima occasione dovrò procurarmi anche io un paio di scarpe da passeggio adatte a questi posti; peccato non averci pensato prima, avrei potuto chiedere a Vlad di ordinarle per me, e perché no? anche delle pantofole ricamate da casa, per le serate fresche.
Il dottor Berg ha un aspetto più che piacevole; è biondo, di corporatura armoniosa, ha belle mani (e splendidi guanti!) e voce educata, che sembra fatta apposta per infondere fiducia in chi gli si rivolge. Ha un approccio estremamente pacato, sembra sempre sul punto di sorridere, come chi ha in mano la situazione e non teme di lasciarsi sopraffare, cosicché trasmette serenità e sollievo. Anche il professor Leittner è dotato di grande umanità e sa mettere a proprio agio, tuttavia in lui è sempre presente un atteggiamento grave, concentrato, a volte anche accigliato; non nasconde le sue preoccupazioni, al contrario è come se, nel manifestarle, pensasse di dimostrare meglio ai suoi pazienti l’interessamento che prova per i loro problemi. Lo conosco fin da bambina, il caro Leittner, e mi è sempre stato vicino come un tutore; ho per lui un vivissimo affetto e una stima assoluta, soprattutto per la pazienza con la quale ha accettato la sventura di una moglie invalida, che è sempre al centro dei suoi pensieri e gli infonde un’aria di mestizia e santità.
Nel congedarsi, il dottor Berg mi ha invitata a casa sua domani pomeriggio per un po’ di musica, sollecitandomi a perseguire, in questo soggiorno di cure, non solo la tranquillità dell’animo ma anche qualche svago della mente.
“Lei – mi ha detto – ha bisogno di ritrovare serenità, ma mi creda: nulla le gioverebbe più di qualche stimolo, qualche novità che la ritempri dalle opprimenti consuetudini cittadine. Niente di stancante o di troppo formale: le propongo qualche conversazione e un po’ di buona musica, tra amici. Conoscerà mia moglie Lise, che ha più o meno la sua età; è lei che suona il pianoforte, sa?”
Mi sono stupita di me stessa per l’emozione che ho provato nell’accettare questo invito.

4 thoughts on “Diari da Magdenbad, cap. 9

  1. l’hai scritto tu? sembra un brano di romanzo ( Thomas Mann?), nè un incipit nè un finale, un brano di mezzo, piuttosto…hai una perfetta padronanza dei contenuti e dello stile, incuriosisci e stimoli ad andare avanti: a quando la prossima puntata?

    ciao

    Marina

  2. Marina ha ragione. Sembra di essere proiettati in un romanzo di stampo classico: ambientazione un po’ belle èpoque e giro rotondo della frase.

    Complimenti vivissimi

  3. Grazie a entrambi. Sì, Mann è presente più di quanto lo avessi preventivato, ma a monte vi sono anche molte altre letture. Nel mio piccolo, avevo in mente un’idea molto vaga, più che altro un’atmosfera e un’ambientazione, e sto cercando di adeguare il linguaggio, forzando il mio stile che è abbastanza diverso; non so dove andrà a parare, ne scrivo qualche pezzo per volta (questa è la puntata 9) e posto direttamente, quasi senza rifinire. E’ un esperimento, stimolato proprio dallo strumento blog. A presto con la continuazione.

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