Diari da Magdenbad, cap. 10

Manet_spiaggia

La scenetta cui ho assistito stamattina mi ha confermato il giudizio negativo espresso da Dimitri su quel Milos Jarov, il sedicente poeta. Si era sistemato a cavalcioni su una panca nei pressi del cancello e aveva davanti a sé una scacchiera sulla quale, più che svagarsi, pareva accanirsi con maligno piacere; i pezzi caduti li spingeva via con gesti di trionfo, ed erano tutti bianchi, uno dopo l’altro, soverchiati dal nero che pareva destinato a una vittoria schiacciante. Vlad stava passando in quel momento col suo passo pacato, diretto alla scuderia e con dei finimenti in mano; si è soffermato giusto un attimo – e con la sua solita discrezione – per buttare uno sguardo al campo di battaglia, ma Jarov ha avvertito la sua ombra e si è girato verso di lui alquanto indispettito, aggredendolo con un tono rabbioso del tutto fuori luogo.
“Cosa c’è da guardare? Sto giocando da solo, e il nero vince!”
Vlad si è scusato con un cenno del capo e si è subito allontanato, ma gli ho colto in faccia un’espressione di lievissimo compatimento: avevo osservato anche io che il bianco stava giocando malissimo e in pratica dava partita vinta all’avversario. E’ evidente che quell’uomo non è solo un cialtrone, ma un disonesto, se è capace di barare anche quando gioca a scacchi contro se stesso. Deve essersi sentito smascherato, perché ha buttato all’aria i pezzi senza finire la carneficina e se ne è andato sbuffando e imprecando. Non ho potuto fare a meno di notare la sciatteria del suo abbigliamento, che sembra non aver visto una spazzola da mesi: scarpe inzaccherate e macchie di sugo sul gilet, ornato da un cipollone molto vistoso ma probabilmente falso come il suo padrone. L’ho visto poco dopo allontanarsi dall’albergo in compagnia di un uomo venuto a cercarlo, un personaggio in barba e pesante tabarro, dallo sguardo sfuggente come quello di un topo; nell’avviarsi parlavano fitto gesticolando entrambi. Vlad ha raccolto e riportato dentro la scacchiera senza un commento, e non ce n’era bisogno: ormai mi conosce abbastanza da sapere quanto io disapprovi i modi arroganti, soprattutto verso chi non è in posizione di potersi difendere, come un servitore.
Per fortuna, questo Jarov si vede poco, in albergo; ai pasti è spesso fuori, e passa quasi tutto il suo tempo in compagnia di certe conoscenze che si deve essere fatto qua in città, presso un paio di circoli privati dove si chiacchiera di politica e si gioca a biliardo, o così ho sentito dire. Dimitri è convinto che si tratti di ritrovi per perditempo, e che la cultura c’entri assai poco; comunque, l’importante è che non siamo costretti a subire la sua presenza invadente, perché c’è indubbiamente qualcosa, in quell’uomo, che mi respinge, e un po’ forse mi intimorisce. Deve essere il sospetto che sia fondamentalmente un millantatore, e le persone bugiarde mi inquietano.
Intanto abbiamo saputo che è imminente l’arrivo di nuovi ospiti: nell’altra ala della locanda, la servitù ha arieggiato alcune stanze, trasportandovi del mobilio e dei bauli. Speriamo si tratti di persone a modo, stavolta, che non ci facciano rimpiangere la tranquillità dei primi giorni.
E comunque, oggi pomeriggio andrò a conoscere la famiglia del dottor Berg e ad ascoltare la musica che si fa in casa sua. Mi rallegra, questo invito, il solo guaio è che non ho ancora deciso cosa mettermi, ma mi affiderò al parere estetico di Dimitri, se si decide a salire per prepararsi: ormai manca poco, eppure lui è ancora in giardino, nella sua palandrana prediletta, quella viola che ama indossare quando è in vena di dipingere, e sta ritraendo un gallo del pollaio. I suoi pennelli lo hanno rivestito di un piumaggio fiero e variopinto  e lo hanno collocato sopra una tettoia splendente di sole, mentre in realtà è un uccellaccio vecchiotto dai colori terrosi come il cortile in cui razzola, ma è straordinario che Dimitri lo veda così, bello, altero e combattivo come il re che dovrebbe essere.

One thought on “Diari da Magdenbad, cap. 10

  1. Barare contro se stessi, in teoria, è il massimo. Nella realtà è un piacere a cui pochi sanno rinunciare. Specie tra i giocatori di scacchi.

    Ciao

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.


*