Il trauma del trapasso

No, non si tratta di un caso di morte violenta. Mi riferisco a quello spinoso periodo di transizione in cui si trova il lettore quando, dopo aver terminato un libro, deve scegliere quello successivo.
Ieri sera ho finito L’Opera galleggiante, di John Barth. Il mio primo libro di questo autore, che devo dire mi è piaciuto e mi ha lasciato la voglia di leggerne altri. Non intendo farne qui una recensione accurata; mi limito a buttar giù qualche aggettivo tanto per fissare le idee. Stravagante. Minuzioso. Paradossale. Comunque interessante proprio perché l’ho sentito lontano dal romanzo standard. Ecco, ora mi è venuto l’aggettivo giusto e onnicomprensivo: intellettuale. O cerebrale? Boh. Tanto non è di questo che volevo parlare, se non per dire che è stata una lettura goduta, che valeva la pena, e che ciò mi rende alquanto imbarazzante la scelta della prossima.
Mio fratello, accanito lettore soprattutto nel métro di Parigi, ha un suo dettato in proposito: un libro serio/un libro di cacca/un libro serio/un libro di cacca, e via così. In breve, raccomanda l’alternanza. E la pratica, anche, perché dopo uno Steinbeck in lingua originale passa a uno Jacovitti d’annata, e ci si trova benissimo.
Io ho qualche anno più di lui, e più passa il tempo meno mi sento disposta a sprecarne in letture di cacca. Ogni anno in più sono venti o trenta libri in meno che potrò leggere, e se ci penso mi deprimo orribilmente.
Sicché ieri sera chiudo lentamente, quasi sacralmente, l’Opera galleggiante, poi mi prendo qualche minuto di silenzio interiore (chiudo anche gli occhi) come per lasciar decantare la chiusa e le ultime sensazioni che mi ha insinuato e che ora, nei prossimi giorni, sedimenteranno le une sulle altre fino a rivelarmi pian piano l’entità del segno che quel libro mi ha lasciato. Ma per intanto mi trovo senza un libro da leggere che mi assicuri un pari livello di soddisfazione, o perlomeno non mi procuri una delusione. Allora apro quello che avrebbe il diritto di precedenza sugli altri perché è la lettura consigliata dal Gruppo Lettori della biblioteca per il mese di febbraio: Ho servito il Re d’Inghilterra, del per me sconosciuto Bohumil Hrabal (talmente sconosciuto che me lo facevo arabo o libanese). Ora, non so come dirlo agli amici del Gruppo Lettori, ma l’approccio non è stato per niente invitante. D’accordo che ho letto troppo poche pagine, ma se già dall’inizio mi infastidisce una punteggiatura che sembra messa per far dispetto direi che non si mette tanto bene.
Ok, ho ancora tanto di quel DFW da leggere che potrei dirmi a posto per il resto della mia vita, ma ogni tanto bisogna anche cambiare. Ho un paio di Franzen sul comodino, ma Franzen non mi ammalia più da quando ho letto qualcosa che me lo ha fatto giudicare un gran presuntuoso. Ho circa 800 e-book nel kindle, lì sì che ci sono alla rinfusa libri seri e libri di cacca, e temo che finirà proprio così: un’altra serata persa in uno zapping scellerato e inconcludente.
Insomma, mi serve qualcosa che non mi faccia rimpiangere Barth: voi cosa mi consigliate di leggere?

Edit: nel frattempo ho cominciato Come diventare se stessi, di Lipsky e Wallace (sì, ci sono ricascata, ma che bello!)

20 thoughts on “Il trauma del trapasso

    • Della Chevalier ho letto i primi 4, poi – scusami la franchezza – mi sono un po’ stufata dei suoi personaggi femminili traumatizzati. In genere amo poco o niente la scrittura femminile, perché cade spesso in tematiche introspettive autoreferenziali, e tutto ciò a mio avviso sa un po’ troppo di “romantico”. Comunque grazie per aver accolto subito il mio appello :-)

      • “In genere amo poco o niente la scrittura femminile, perché cade spesso in tematiche introspettive autoreferenziali, e tutto ciò a mio avviso sa un po’ troppo di “romantico”.”

        Mi ricordi lo SpeakerMuto di qualche mese fa, pensavo la stessa cosa. Pensa che adesso sto cercando proprio quel tipo di narrativa: femminile, romantica, problematica. Ieri ho finito “Cime tempestose”. Se cerchi la versione maschile, molto più caustica (e divertente, a suo modo), ti consiglio Jonathan Tropper, che è tipo Nick Hornby però più maturo, diciamo. Prova “Portami a casa”.

        • Piuttosto che Hornby leggerei Cime tempestose :-)
          Lo leggerei come documento di un’epoca, e non certo come romanzo di sentimenti.
          Ecco, così ho fatto outing: non ho letto Cime tempestose, e penso sia una grossa lacuna. Però da ragazzina ho letto più volte Jane Eyre, e lo rileggerei anche adesso. Per l’atmosfera, più che per la trama.

  1. L’ho conosciuto in un commento su “Cloridrato di sviluppina” mi ha incuriosito e da buon compulsivo in breve ho letto tutto ciò che ha scritto, o quasi. Non conosco nessuno che lo abbia letto, cerco ogni volta di promuoverlo fallendo miseramente.
    Felipe Benítez Reyes, edito da Fazi.
    Se vorrai provarlo ti consiglio ” Lo sposo del mondo”.

      • Un po’ “Se una notte d’inverno un viaggiatore” però non è il romanzo letto dai protagonisti che cambia, ma quello che stai leggendo tu, ambizioso e delirante.
        Io inizierei con altro.

        • Calvino lo amo alla follia e credo di averlo letto tutto, oltre che in gran parte riletto. “Se una notte d’inverno un viaggiatore” è tra i suoi più fascinosi, dunque il tuo riferimento mi tenta sempre più. Perché invece mi sconsigli di iniziare con “In via del tutto eccezionale”? Da quel che ho letto in fretta su ibs, “Lo sposo del mondo” è più un delirio erotomane che letterario.

          • Perché io non mi sarei innamorato di lui se avessi iniziato da lì, forse.
            È un gran bel romanzo sull’eccesso, sulla dipendenza, sul sesso. Io non leggo mai nemmeno le prefazioni non ho idea di chi possa aver scritto la recensione che hai letto.
            La narrazione, il linguaggio evolve secondo i passi della dipendenza, ne possiede e ricrea il ritmo.
            Per evitare di riempire l’area commenti con uno stralcio ti metto il link, nei commenti al post c’è uno dei deliri.

  2. nono, per carità. io non consiglio. non ora.
    che sto leggendo un semplicissimo Coelho a pezzi. e ripassando il mio tomo buddista da tramutare in pillole nel blog.

    (ma Queneu o come diavolo si scrive quello che consiglia la donna camèl no?)

  3. Io sto leggendo Il tempo è un bastardo di Jennifer Egan, Minimum fax e sto cercando di tirarlo in lungo perché è uno di queli libri che quando l’ho finito mi dispiace, lo so già da adesso. E so già che questo è il mio libro dell’anno. Di sicuro.

    • Interessante. Ho letto una recensione su Satisfiction. Secondo te, si può definire un romanzo corale? Adoro i romanzi corali. Provo a farmelo prestare da un’altra biblioteca, perché noi non lo abbiamo. Grassie sciura :-)

      • Più che un coro mi sembra una jam session, con una serie di a-solo in prima persona – mentre gli altri personaggi, che pure ci sono, tengono il ritmo sullo sfondo. È una forma che mi piace molto, sono racconti definiti in se stessi, non si può dire di no, ma completano una narrazione generale che non è una storia unica, una trama che va da A a B, eppure avanza.
        E poi è una bella scrittura, secca, precisa, mai compiaciuta, molto mostrata. Basta, non dico più niente 😡

        • Sempre più tentata. Oggi però ho visto che l’unica copia presente nel nostro opac è in prestito e comunque è esclusa dal prestito interbibliotecario per tre mesi in quanto è un acquisto recente. La prenoterò appena sarà uscita dalla quarantena.

  4. Ah, “Come diventare sé stessi non è male”, anche se ci sono delle parti a mo di “reliquia” che potevano essere eliminate. Tratta però molti argomenti interessanti tipo la TV, l’intrattenimento, che avrebbe affrontato in alcuni saggi, poi raccolti in “Considera l’aragosta” o “Tennis, TV, trigonometria e tornado”.

    La cosa strana è che secondo DFW il motivo per cui la gente legge meno è da ricercare nel poco impegno in tal senso proprio da parte degli scrittori. Lo dichiara uno che ha scritto Infinite jest, eh: un tomo bello pesante, in tutti i sensi.

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