Lettere dal fronte .3

Cara sorella,
la novità è che l’inverno sembra finito e qui è ora di pulizie di primavera. Abbiamo spazzato tutti i cunicoli, dato aria alle brande, cosparso gli angoli di polvere antipulci, fatto il bucato generale e alla fine ci siamo lavati e rasati anche noi. Io ne avevo meno bisogno degli altri perché la vedova Norbert continua a mettermi a disposizione il suo mastello, e mi lava anche i panni; così quando abbiamo steso i nostri stracci sul filo spinato e li abbiamo confrontati con quelli degli altri, di là dalla terra di nessuno, abbiamo fatto la nostra discreta figura. In altre parole, siamo pari con loro anche in fatto di pezze al culo.
Anche quelli di là fanno le pulizie e il bucato. Per la verità fanno tutte le cose che facciamo noi, il che conferma che siamo tutti nella stessa merda nello stesso brodo.
Siamo pari in tutto. Diciassette noi, diciassette loro. Avanzi di galera noi, avanzi di galera loro. Giù dal loro versante della collina – questa collina dove la guerra si è bloccata in un eterno pareggio – hanno il loro paese di vedove tale quale il nostro. Le pulci, uguale. L’odore di zuppa, uguale. Nessuna intenzione seria di armare baionette, uguale. Tiriamo a campare senza darci fastidio, abbiamo lo stesso identico sano obiettivo di restare vivi, e perciò c’è questo tacito accordo di lasciare le cose come stanno.
È cominciato un giorno di nebbione che noi qua si mugugnava per la noia, e il tenente ha fatto metter fuori una bandierina bianca per vedere di muovere un po’ le acque stagnanti. Beh, non ci crederai: nello stesso momento una bandierina bianca uguale identica è spuntata da sopra l’altra trincea. I due tenenti si sono incontrati al centro esatto della terra di nessuno e si sono messi a confabulare tra loro, prima un po’ freddi e circospetti, poi visibilmente sempre più rilassati, tanto che a un certo punto hanno fatto portare un tavolino e due sgabelli e si sono messi comodi a scambiarsi pareri sulle cartine tattiche. Dopo un altro po’, siccome la cosa andava per le lunghe, hanno ordinato anche grappa e bicchieri, e la conversazione ad alto livello è diventata ancora più cordiale.
Noi li spiavamo dalla nostra trincea, gli altri dalla loro, ma nessuno sentiva di cosa parlavano; dovevano essere argomenti divertenti perché ogni due frasi si facevano delle gran risate e si davano vigorose pacche sulle ginocchia. Quei due si capivano. Allora abbiamo pensato che potevamo capirci anche noi, e uno dopo l’altro, prima timidamente poi con crescente baldanza, siamo usciti e abbiamo incontrato gli altri che ovviamente avevano avuto la stessa idea.
È stato così che è cominciato il torneo di pallone. Adesso giochiamo tutte le domeniche, mentre i tenenti, tanto per salvare la faccia, fanno il loro briefing settimanale a bordo campo. Le nostre partite sono sedici contro sedici, non c’è arbitro e l’unica regola è il pareggio obbligatorio. Se alla fine della partita una squadra è in vantaggio, rimette le cose a posto con un autogol. Così abbiamo un buon motivo per rigiocarcela la domenica dopo. Dimmi se questo non è buon senso.

Ora ti saluto perché per cena c’era il cassoulet e sento il bisogno di fare due passi prima di andare a dormire.
Il tuo sempre sano e contento
Damien dal fronte

poscrittum: digli a tuo suocero Gaston che mi fa piacere che sia così arzillo alla sua età, però se mi racconti ancora che ti tocca il culo manca di rispetto, quando torno gli metto la cascara nel caffelatte così vedrai come gli passano i bollori.

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Lettere dal fronte 70 anni dopo

11 thoughts on “Lettere dal fronte .3

  1. @SpeakerMuto, nel ’75 stavo scrivendo la mia tesi di laurea sulle proiezioni tardive con radiotecnezio nella diagnosi scintigrafica delle lesioni cerebrali traumatiche. La Tac, in Italia, faceva appena i primi passi, incerti e costosi :-(

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